La scarpa veneta a confronto: il Brenta corre, Verona col fiato corto

“A metà degli anni Novanta abbiamo dovuto fare una scelta: puntare su delocalizzazione e prezzo oppure sulla qualità. Abbiamo scelto la seconda e oggi ci sta dando ragione”. Sono i numeri del fatturato e degli impiegati calzaturieri della Riviera del Brenta a sostenere l’analisi di Siro Badon, presidente ACRIB. Nel 2015 il fatturato del distretto calzaturiero veneto ha sfiorato quota 1,7 miliardi di euro, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente. Dal 2001 a oggi il numero di aziende è diminuito, passando da 993 a 520, e lo stesso ha fatto il numero di calzature realizzate, da 21,3 milioni a 19,4, ma quello dei dipendenti è rimasto inalterato: 10.000 lavoratori focalizzati sulla produzione di scarpe di qualità che vengono esportate per il 92%. Altrove non è stato così. Nel distretto veronese,  ad esempio, il comparto calzaturiero ha visto una diminuzione del 3,2% tra 2014 e 2015 dovuta al fatto che l’Asia, in generale, e la Cina, in particolare, sono competitor quasi impossibili da battere puntando sui volumi. “Però non siamo l’Eldorado” sottolinea ancora una volta Badon, evidenziando che “lavorando con le grandi griffe bisogna essere disponibili ai sacrifici e pronti a investire, anche in maniera importante”.

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