I due venti che tirano in Africa: la Namibia vuole liberalizzare, COMESA pensa a proteggersi di più

Il sistema di protezione della filiera ovina, applicato dal 2003, doveva aiutare le aziende della filiera nazionale a crescere. Quindici anni dopo, la Namibia scopre che invece arreca danni a tutti: agli allevatori, ai macelli, ai produttori di carne e all’area pelle. Per questo il governo, si apprende dalla stampa locale, sta pensando alla riformare della legge: l’apertura ai mercati internazionali sarebbe accompagnata dalla definizione di quote di produzione destinata a macelli e concerie locali. Mentre la Namibia considera l’idea di internazionalizzare la filiera carne-pelle, COMESA, l’area di libero scambio tra 19 Paesi dell’Africa orientale e meridionale, valuta l’idea di dare una stretta all’export di materia prima conciaria. Lo ha proposto il coordinatore del programma ALLPI (area pelle e prodotti in pelle) durante l’ultimo incontro dei capi di Stato COMESA. Il ragionamento è semplice: la regione varrebbe l’11% della produzione mondiale di bestiame, si legge su Herald.co.zw, ed è un grande mercato per calzature e accessori. Ad oggi, però, i Paesi membri sono per lo più esportatori di materia prima conciaria e importatori di prodotto finito. La conclusione del sillogismo è la solita: puntare sul prodotto a valore aggiunto porta maggiore ricchezza e lavoro. ALLPI è un tavolo tecnico, non politico, quindi offre una suggestione: “Dovremmo stoppare o evitare l’export di pelle grezza”. Vediamo i capi di stato come la recepiranno.

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