Il mercato è invaso da articoli in pelle stranieri e i manifatturieri argentini accusano gli importatori: “Traditori”

Guerra civile, tradimento della solidarietà nazionale. Esageriamo, ma esauriti gli strali contro il Governo Macri, colpevole di essere fin troppo liberista e di aver rovinato la manifattura locale aprendo il mercato ai beni esteri, ora i produttori argentini dell’area pelle, rappresentati dall’associazione CIMA, si scagliano contro le società connazionali che i beni in pelle li importano. Secondo i dati forniti da CIMA e ripresi dalla stampa, nei primi 7 mesi del 2017 l’import è aumentato del 33% in volume (raggiungendo i 18,7 milioni di unità), ma cedendo il 17,9% in valore. Abbastanza, sostiene il presidente CIMA Ariel Aguilar, per ravvedere un disegno degli importatori, che vogliono costringere la manifattura locale ad abbassare in maniera coatta i propri prezzi: “Un danno per il settore e per il Paese, dal momento che comporta meno ricavi e minor gettito”. Secondo CIMA, mentre nel 2015 erano registrate 406 società importatrici, oggi in Argentina ne operano 760. Nello stesso periodo hanno chiuso 50 aziende, mandando in fumo 1.000 posti di lavoro.

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