Bangladesh: la conceria perde il 10% dell’export e accusa Savar (ma non solo). Avanza l’ipotesi di tassare il crust

Non c’è pace in Bangladesh. La locale conceria, come riferisce il portale Sauer Report, lancia un vero e proprio allarme: negli ultimi dieci mesi fiscali (luglio 2017- aprile 2018) l’export è crollato, perdendo il 10,2% e passando da 1,018 miliardi a 916,7 milioni di dollari (dati Export Promotion Bureau). Uno scivolamento notevole, che BTA (Bangladesh Tanners Association) attribuisce a vari fattori, primo fra tutti il fallimento in progress dal trasloco delle concerie da Hazaribagh a Savar. Secondo quanto dichiarato dal presidente di BTA (Shaheen Ahmed, ceo di Kohinoor Tanneries): 155 aziende su 222 sono entrate nel nuovo leather park (ma non più di 80 di esse sono operative), mancano le infrastrutture, le strade di accesso sono difficili da percorrere e (piccolo particolare, più volte denunciato da varie fonti…) l’impianto di trattamento delle acque (CEPT) “non funziona come dovrebbe”. Un problema, quest’ultimo che avrebbe portato “alcuni clienti europei a cancellare ordini”. C’è poi un fattore chimico: sarebbero aumentati i dazi all’import degli ausiliari conciari, il che avrebbe innescato un calo produttivo, in particolare di crust. E proprio quest’ultimo parrebbe essere oggetto di un’ipotesi protezionista. In Bangladesh, starebbero valutando di tassarne o addirittura bloccarne l’export (come già accade per grezzo e wet blue), in un’ottica “di sviluppo dell’area pelle locale”, perché “le nostre concerie devono essere spinte a fare un salto di qualità”.

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