Tra Brasile e Argentina, vacillano le scarpe del colosso Alpargatas: in un anno licenziato il 15% dei dipendenti

Stato di massima allerta in Sud America per la situazione critica in cui si agita il colosso Alpargatas, che prosegue in una drastica politica di taglio dei posti di lavoro e della produttività. Al centro di una complessa operazione finanziaria, che ha sancito lo scorso anno l’uscita dal suo capitale di JBS, Alpargatas sta “ristrutturando” la sua attività, in particolare quella che gestisce in Argentina, dove complessivamente sono 162 i lavoratori licenziati in alcuni suoi stabilimenti: 73 operai nel calzaturificio a Santa Rosa de La Pampa, 68 a Catamarca (32 nella fabbrica tessile e 36 in quella calzaturiera), 8 nello stabilimento tessile di Bella Vista de Corrientes, 13 nel calzaturificio di Florencio Varela. A questi tagli, riepilogati da baenegocios.com e confermati da altre testate online, vanno aggiunti 51 lavoratori che hanno aderito al pensionamento volontario. Dall’anno scorso, Alpargatas ha licenziato quasi 500 lavoratori, il 15% della sua forza lavoro totale. Il gruppo impiega 2.800 persone, produce 6 milioni di paia di calzature l’anno. Luis Salado, delegato sindacale dello stabilimento di Tucumán, ha dichiarato: “Abbiamo paura della mancanza di vendite e della concorrenza sleale causata dall’importazione, che è aumentata significativamente nel primo trimestre 2018, il che costringe a fermare la produzione in corso. L’azienda sta lavorando al 55% della capacità produttiva a Tucumán, 1.350 lavoratori producono scarpe per il brand Topper (in tessuto e pelle). Un portavoce di Alpargatas ha dichiarato che la riorganizzazione (e quindi i tagli del personale) sono dovuti al fatto che “l’azienda cerca di garantire la sostenibilità del business, molto influenzato dall’importazione e dalla diminuzione delle vendite per cui è stata costretta ad anticipare le ferie, sospendere i lavoratori e aprire una procedura di pensionamento volontario, ora chiusa”. (mv)

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