Obuv Mosca, ultimo giorno. Affluenza al rallentatore, si discute di prezzo, made in Italy e trasparenza

“Non si può produrre all’estero e non essere chiari sulla provenienza del prodotto. Forse è il caso di specificare meglio e far capire ai clienti la provenienza delle calzature”. È lo sfogo di Federica Felicini del calzaturificio Giorgio Piergentili che da Obuv Moscow riassume la battaglia che si è svolta tra chi produce interamente in Italia e chi si è organizzato e svolge all’estero una o più fasi di lavorazione per poter ridurre il prezzo di vendita. Alla fine il cliente russo ha davanti due prodotti made in Italy, ma con listini differenti. Una battaglia sulla quale era intervenuta in passato anche la presidente di Assocalzaturifici Annarita Pilotti. “Il prezzo è molto importante, ma è premiante la serietà dell’azienda, la storia, il servizio e la qualità del prodotto” conclude Felicini che conferma il rallentamento delle presenze in fiera, che chiude oggi gli stand. “La situazione di questo mercato resta molto pesante e purtroppo il bilancio è sicuramente negativo” conferma Enrico Barbato di Accademia. Pessimista anche Marino Fabiani che parla di edizione deludente con “clienti indecisi sul da farsi anche a causa dei continui cambi delle normative doganali che innescano il timore di sequestri delle merci (già pagate) in dogana”. Presenze in calo, ma bilancio buono per Giammarco Marzialetti della pelletteria Marina C: “Fortunatamente il trend aziendale è in crescita, per cui il bilancio di questa edizione di Obuv è soddisfacente. Abbiamo lavorato, la clientela fidelizzata è passata, ma in generale la mia opinione è che ci sia stato un netto calo dei visitatori. Il potere d’acquisto dei russi è diminuito, le tasse sono aumentate per cui c’è minore disponibilità finanziaria per acquistare e si cerca il risparmio”. (mv)

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