India, le industrie della carne e della pelle sono ostaggio dei Cow Vigilantes e della violenza indù

La polizia li spalleggia, le autorità non intervengono o li assecondano, i casi drammatici (come quello di Pelhu Kahn, allevatore morto in primavera per le conseguenze del pestaggio) si susseguono. In India i Cow Vigilantes, i gruppi paramilitari che negli Stati a maggioranza induista si sono auto-assegnati il compito di difensori della vacca e, per estensione, dei bovini in genere, la fanno sempre più da padroni, mentre il governo nazionalista di Modi, così come quelli dei singoli stati federati guidati dal suo partito BJP, soffia sul fuoco delle ostilità religiose. L’industria zootecnica e quella della pelle, gestite in prevalenza da musulmani, sono in ginocchio, ridotte alla fame dall’azione concentrica di provvedimenti legislativi e violenze sul territorio. L’agenzia Reuters, ad esempio, investiga sul depauperamento degli allevamenti, cui i Cow Vigilantes sottraggono arbitrariamente il patrimonio bovino per affidarlo a strutture ligie all’etica induista. Intervistando un campione di 110 “goshala”, ricoveri induisti per bovini, in 6 stati indiani governati dal partito nazionalista BJP, Reuters rileva che il loro patrimonio dal 2014 (anno di elezioni di Modi) a oggi è aumentato del 50%, passando da circa 84.000 capi alle attuali 154.000 unità. Non esistono registri ufficiali, quindi non c’è traccia né della provenienza dei capi né del transito di bovini donati ai goshala e poi da questi rivenduti. Ma Reuters azzarda una stima economica del danno: il bottino di 190.000 animali sequestrati da due gruppi di Cow Vigilantes nell’India del nord potrebbe valere nel suo insieme circa 36 milioni di dollari. Non poco, per un Paese come l’India.

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