USA, Apocalypse Retail. Sears ricorre al Chapter 11: previste 142 chiusure, 68.000 dipendenti a rischio

Si apre il Capitolo 11 nella storia di Sears, il colosso statunitense della grande distribuzione. Il ceo Eddie Lampert ha cercato di reperire liquidità attraverso la vendita di immobili e di rami d’azienda per poter pagare il debito di 134 milioni scaduto il 15 ottobre. Ma non è bastato. Il ricorso alla procedura fallimentare Chapter 11 presso la Federal Bankruptcy Court di New York dovrebbe permettere a Sears di poter continuare a operare soprattutto in vista delle festività natalizie, stoppando le richieste dei creditori e poter quindi procedere alla ristrutturazione del debito. Sono già in cantiere 142 chiusure di punti vendita entro la fine del 2018. Nei fatti è bancarotta: si parla di 10 miliardi di debiti e a rischio ci sono 68.000 posti di lavoro, come ha ricordato Robert Riecker, capo dell’ufficio finanziario di Sears. Dopo essere stata superata negli anni ‘90 da Walmart, Sears è rimasta vittima dell’Apocalypse Retail: impossibile reggere la competizione con i colossi dell’e-commerce con 850 negozi da mantenere. E pensare che il motto di Sears era così simile, nei fatti, alla logica di acquisto democratico e pervasivo dell’online: “Vendere qualsiasi cosa a tutti”. Sears iniziò nel 1886 le sue vendite su catalogo per poi aprire i primi negozi nel 1925. In pratica (e “fisicamente”) era un Amazon ante litteram già 130 anni fa, dove la logistica di magazzino faceva la differenza, con un’organizzazione capace di ridurre al minimo le attese per gli ordini. Pare che anche Henry Ford rimase stupefatto dall’efficienza di un magazzino Sears in quel di Chicago.

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