La moda USA contro Trump: “Il 72% delle nostre scarpe made in China, i dazi sono una tassa ai consumatori”

“Trump, fermati: questi dazi alla Cina sono una follia”. A firmare la lettera/appello affinché la Casa Bianca deponga subito le armi della guerra commerciale con Pechino ci sono 22 grandi gruppi a stelle e strisce della moda e del retail. Corazzate tra cui spiccano Levis, Macy’s e Walmart, e ancora American Eagle, Gap e J.C. Penney. A proposito della possibilità, secondo la stampa internazionale molto concreta, che il presidente Trump faccia ricorso alla Section 301 del diritto commerciale statunitense (norma che permette alla Casa Bianca di assumere unilateralmente provvedimenti, anche punitivi, nell’ambito delle relazioni internazionali) i firmatari si dicono “molto preoccupati per l’impatto negativo che avrebbe sulle famiglie. Qualsiasi tariffa addizionale comporterebbe – si legge nel documento – l’aumento dei prezzi di beni quotidiani, tra cui abbigliamento e calzature”. “Il 41% degli accessori e il 72% delle scarpe vendute negli Stati Uniti sono prodotte in Cina – commenta Rick Helfenbein, ceo di AAFA, una delle sigle di riferimento della moda statunitense –. Un dazio sarebbe una tassa in più per i consumatori e potrebbe portare perdita di lavoro nella distribuzione”. Insieme ad AAFA, hanno firmato la lettera anche le associazioni di retailer RILA e NRF. Intanto FDRA, la sigla che riunisce i calzaturieri USA, ha indirizzato a Trump una lettera similare firmata da brand come Nike, Merrell, Caleres e Under Armour. La moda statunitense è in subbuglio. Sul numero 10 de La Conceria, online dal 20 marzo, il ceo di FDRA, Matt Priest, spiega perché la scarpa a stelle e strisce boccia la presidenza Trump.

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