Cina e India sono produttori e consumatori. USA, Giappone e Russia sono grandi acquirenti. In Europa, invece, lo shopping di calzature cala ma ci sono Paesi, tra cui l’Italia, che importano per poi riesportare. È la mappa del consumo di scarpe secondo il World Footwear Yearbook 2025, lo studio dell’associazione portoghese di calzature, componenti e pelletteria APICCAPS.
La mappa del consumo di scarpe
I consumi globali sono in crescita a causa dei cambiamenti demografici e dello sviluppo economico. Un esempio è l’Asia, dove il consumo pro capite è di sole 2,5 paia all’anno, ben al di sotto dei livelli riscontrati in altre regioni. Questo però indica una potenzialità futura. Così come l’Africa. Però se guardiamo il dato complessivo, l’Asia ha aumentato il suo peso nel consumo globale dal 49% al 55,5% negli ultimi anni. Al contrario, la quota europea è in costante calo. Nel 2024, il consumo aggregato dell’Unione Europea ha superato di poco i 2 miliardi di paia. Finendo per la prima volta dietro il Nord America, che è leader mondiale nel consumo pro capite di calzature.
La Cina in testa
La mappa dei consumi vede la Cina in testa (grazie al numero dei suoi abitanti e all’aumento della classe media) con 4 miliardi di paia all’anno (il 18,6% del totale mondiale). Segue l’India (2,86 miliardi), che ha dinamiche simili a quelle cinesi, con il 13,3%. Gli Stati Uniti (2,1 miliardi, ovvero il 10%) sono al terzo posto per l’elevato consumo pro capite. A seguire Brasile, Giappone, Pakistan, Indonesia, Bangladesh, Russia e Messico. C’è un aspetto da porre in evidenza. Alcuni mercati come l’Asia soddisfano la domanda attraverso la produzione interna. Altri come Europa e Nord America, dipendono fortemente dalle importazioni. Cina e India sono i due maggiori consumatori al mondo ma soddisfano la domanda con la produzione interna. E così anche Brasile, Pakistan e Bangladesh. Al contrario, Germania, Spagna, Francia e Italia nell’ordine importano molto più di quanto consumano, il che suggerisce una successiva attività di riesportazione. Anche Stati Uniti, Giappone e Russia, che hanno una limitata produzione interna, dipendono molto dalle importazioni. (mv)
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