Il made in Italy? “Un alibi per essere pigri”. Le sneaker? “Un’occasione che l’Italia non ha colto”. Pensieri e parole dello Shoe Summit di ieri

“Piccolo è bello, ma grande è più efficiente” ha detto Fabio Tronchetti, ex presidente di Bata Europa nella prima edizione dello Shoe Summit che si è svolto ieri all’hotel Horizon di Montegranaro (Fm), organizzato da Italian Way (società di consulenza che analizza le alle potenzialità del made in Italy . “Le aziende più grandi hanno le risorse e le potenzialità per affrontare le sfide del mercato. Un esempio? Realizzare due collezioni l’anno ormai è vecchio. Occorre realizzare collezioni ad hoc per ogni mercato e con un’offerta capace di rinnovarsi continuamente. E poi serve il brand” ha detto l’ex manager Bata che ha spiegato alcuni modi per diventare, specondo lui, più grandi: incorporazione (le aziende grandi inglobano le piccole), mettendosi in rete e separando i compiti da chi produce e chi distribuisce. Secondo Giuliano Mosconi di Italian Way “per gli imprenditori, mettersi insieme, è contro natura. Meglio diversificarsi”. L’ex manager di Poltrona Frau ha evidenziato come produzione calzaturiera e consumi di scarpe siano cresciuti nel mondo mentre l’Italia ha preso la direzione opposta: “La calzatura italiana non è riuscita a prendere l’onda del mercato”. Tra i motivi anche la dittatura delle sneaker, definita sneakeconomica “che ha colto l’Italia impreparata”. Poi la stoccata sul made in Italy: “È stato un alibi per essere più pigri. Il concetto che se è prodotto in Italia è qualitativamente superiore va superato, anche perché non è così”. Antonio Gnocchini, senior brand director Nike Europa occidentale, ha affermato: “Come possono crescere le imprese? Non con i prodotti ma con i servizi che sono innumerevoli”. (mv)

 

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