Marche, la scarpa teme di bissare il 2024 (o di “fare peggio”)

Marche, la scarpa teme di bissare il 2024 (o di “fare peggio”)

La scarpa marchigiana non trova la via d’uscita alla crisi: anche nel primo trimestre 2025 l’export è sceso su base. Il timore è bissare il 2024, chiuso con 195 imprese e 1.546 posti di lavoro in meno rispetto al 2023. “Temo che il 2025 possa essere addirittura peggiore del 2024. Spero di sbagliarmi” chiosa Valentino Fenni, vicepresidente di Assocalzaturifici.

Il rischio: bissare il 2024

I timori su un altro anno di difficoltà della scarpa marchigiana arrivano dai dati del primo trimestre 2025. La cassa integrazione del settore calzaturiero, componentistica, concerie e pelletterie è salita dell’81,6% sul 2024 e del 156,7% sul 2019. L’export di scarpe, secondo i numeri diffusi da Assocalzaturifici, è pari a 340,84 milioni di euro, con una diminuzione del 6,9% rispetto al 2024 e dell’11,8% sul 2019. La provincia di Fermo, che genera quasi la metà dell’export regionale, ha perso il 12,1%. Viceversa, nello stesso periodo Macerata (che rappresenta il 38% dell’export regionale) è in terreno positivo: +1,2%. Una differenza in parte dovuta alla Russia: a Fermo il fatturato verso Mosca si è ridotto del 33,4% mentre a Macerata è salito dell’11,1%.

 

 

La Germania

Il primo mercato per la scarpa marchigiana è la Germania. Nonostante le difficoltà del mercato locale, le Marche vi registrano il +8%. La Francia, destinazione dei prodotti per le griffe del lusso, perde il 13,6%. Al terzo posto gli USA con -4,9%, alle prese con l’incertezza dazi. I tre nuovi mercati emergenti sono: Polonia (+60%), Emirati Arabi Uniti (+48%) e Turchia (+32%).

O fare peggio

Per Fenni i posti di lavoro persi nel 2024 sono il risultato della crisi, acuita dalla guerra tra Russia e Ucraina che nelle Marche pesa tantissimo. “Una buona parte dei posti di lavoro persi è dovuta al fatto che i calzaturifici non sostituiscono il personale che va in pensione. In alcuni casi – spiega – le imprese vorrebbero trattenere al lavoro il pensionato per formare le nuove generazioni, ma il sistema fiscale non lo permette. Per un pensionato non è economicamente vantaggioso lavorare”. Per il vicepresidente di Assocalzatufici il fattore più importante della crisi è “il cambiamento dei consumi delle famiglie. La moda, le scarpe in particolare, non è in cima ai desideri. I 250 euro che per una cena stellata sono ben spesi, per un paio di scarpe non lo sono altrettanto. Anche se la cena dura poche ore e il paio di scarpe anni”. Quanto al 2025, Fenni non nutre molte speranze. “Il secondo trimestre avrà ancora segno meno rispetto al 2024. Temo che il 2025 – conclude – possa essere addirittura peggiore del 2024. Spero di sbagliarmi. Mentre spero nella ripresa nel 2026, perché la tenuta della filiera è sempre più a rischio ogni giorno che passa”. (mv)

Foto da Shutterstock

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