Nel backstage di Birkenstock, dove la pelle merita lavorazioni speciali

Per la prima volta Birkenstock ha aperto le porte di due dei suoi cinque stabilimenti produttivi. L’azienda tedesca, che occupa 4.253 persone, cioè un quarto di tutta l’industria calzaturiera del Paese, ha registrato negli ultimi cinque anni un tasso medio di crescita di circa il 20%. Dal 2014 l’aumento di fatturato è stato del 150%, tanto che il prossimo traguardo è il miliardo di euro di ricavi. Oliver Reichert, ceo di Birkenstock, prevede di arrivare a 27 milioni di paia di scarpe prodotte per la fine dell’anno fiscale 2019 (da settembre 2018 a settembre 2019). Dieci anni fa la produzione era di 5 milioni annui. Ogni anno l’azienda lavora la pelle di 485.000 bovini. Guidati da Jochen Gutzy, direttore delle comunicazioni di Birkenstock, un gruppo di giornalisti ha visitato i due siti produttivi. È Isabel Leonhardt su Fashion Network a descrivere la fabbrica di Bernstadt, operativa dal 1991, all’interno della quale lavorano 600 persone, di cui 450 nel reparto produttivo dove ogni giorno vengono sfornate 40.000 paia di fodere e 90.000 paia di tomaie. Per alcuni lavori, gli operai segnano e tagliano la pelle a mano, senza usare macchinari. “Nonostante tutte le nuove tecnologie che abbiamo, non vogliamo abbandonare questo processo perché la pelle è un prodotto naturale e quindi unico. Le macchine non sono così sensibili nel vedere l’aspetto delle pelli come l’occhio umano” ha spiegato Gutzy nel corso della visita. Per creare le suole iconiche del marchio, sono utilizzati tre materiali diversi: pelle, scamosciato e microfibra. Il 35% della tomaia è realizzato in pelle, il 65% in materiale sintetico. Occorrono 80 fasi di lavorazione per produrre il famoso sandalo Birkenstock. La suola, che fa parte dell’immagine del marchio, è invece prodotta a Görlitz, nella ex Germania dell’Est. La fabbrica ha aperto nel 2007 e impiega circa 1.350 persone, di cui 1.150 sono in produzione. (mv)

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