#siamotuttiMarinoFabiani: la scarpa delle Marche rischia grosso

#siamotuttiMarinoFabiani: la scarpa delle Marche rischia grosso

L’hashtag del distretto calzaturiero marchigiano potrebbe essere #siamotuttiMarinoFabiani. L’imprenditore fermano è stato il portavoce di molte aziende che sono in gravi difficoltà dopo il 24 febbraio, giorno di inizio del conflitto in Ucraina. In altre parole: la scarpa delle Marche rischia grosso e chiede ristori e ammortizzatori sociali per tamponare la situazione attuale in attesa della fine delle ostilità. A preoccupare è il futuro, con due mercati di destinazione che potrebbero non esistere più per diverse stagioni. Ecco le opinioni di Gianfranco Butteri di Montegranaro, Giovanni Fabiani di Fermo, Luca Guerrini di Montegranaro.

La scarpa delle Marche rischia grosso

Gianfranco Butteri (Calzaturificio Gianfranco Butteri)

“Qui nelle Marche siamo tutti Marino Fabiani. Ha parlato lui per tutti noi. Noi siamo esposti per l’80% tra Russia e Ucraina e abbiamo 10.000 paia di scarpe ferme. Fortunatamente abbiamo una esposizione limitata con le banche. I clienti ucraini mi dicono che stanno scappando verso altri Paesi, molti clienti russi sono spariti. Fine della guerra oggi? Magari, ma i danni sono stati ormai fatti. Nel 2014, dopo l’invasione della Crimea abbiamo perso il 40-50% del fatturato e ci siamo riorganizzati: ora subiamo la seconda mazzata”.

 

 

Giovanni Fabiani (Calzaturificio Giovanni Fabiani)

“Se non cambia qualcosa, fabbriche storiche come la mia e tante altre saranno costrette a chiudere” afferma l’imprenditore che fino al 23 febbraio esportava in Russia e Ucraina il 90% della produzione. “Diversificare i mercati di destinazione? Grazie del consiglio, ma… non siamo stupidi. Non è così facile soprattutto per chi non ha un brand famoso. Molti investimenti ma risultati spesso deludenti” afferma l’imprenditore che ha puntato anche su USA e Cina. “Sono costi insostenibili per le piccole imprese. Alla fine, se non vedi risultati ti trovi davanti al bivio: continuare ancora a spendere o fermarti?”.

Luca Guerrini (Calzaturificio Blue Star)

“Abbiamo bisogno di liquidità immediata e ristori sulle rimanenze. Il corto circuito della liquidità aziendale ci impedirà anche di acquistare materiali dai fornitori. È difficile andare avanti anche a livello psicologico. Dopo due anni di pandemia le prospettive sembravano buone. Ora dobbiamo fare i conti con due mercati che sono saltati e il contraccolpo vero lo sentiremo dalla prossima stagione. Col marchio proprio esportiamo per il 60% in Russia, incidenza che si riduce con ricavi dall’attività conto terzi. Il cambio del rublo rende impossibile il business. Per i russi è diventato difficile ritirare la merce già pagata. Alcuni clienti ci hanno detto di inviare la merce fermo deposito in Estonia e Lettonia per superare gli ostacoli”. (mv)

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