Una scorsa al WFYB smonta un mito: le filiere restano globali

Una scorsa al WFYB smonta un mito: le filiere restano globali

Se ne parla da anni, già da prima della pandemia e dei conseguenti colli di bottiglia nelle forniture internazionali. Nel tempo si è fatta strada l’idea che la prossimità e la qualità potessero riportare nel Vecchio Continente produzioni calzaturiere che prima si erano frettolosamente spostate in Asia. Invece, guardando i numeri del World Footwear Year Book, si deduce che le filiere restano globali. È l’argomento di “Non c’è reshoring che tenga”, servizio del numero di ottobre del mensile La Conceria.

 

 

Le filiere restano globali

“Su 100 paia realizzate nel mondo, solo 2 arrivano dalle manifatture europee: un crollo impensabile se si guarda agli anni ’80, quando il Vecchio Continente copriva oltre un terzo della produzione globale – si legge nel servizio –. Nel 1985 la quota europea sulla produzione mondiale era del 34,1%. Ovvero 3 miliardi di paia made in Europe su 8,8 miliardi globali. Il maggiore produttore era l’Italia con 525 milioni di paia. Una fiorente industria che si è sciolta negli anni sotto il fuoco dell’Asia. E della Cina in particolare, che l’11 dicembre 2001, entrando nel WTO, ha avuto il via libera per vendere i suoi prodotti a basso costo in tutto il mondo”.

Clicca qui per leggere la versione integrale di “Non c’è reshoring che tenga”

Qui per sfogliare il numero di ottobre de La Conceria (“Il nodo stretto”)

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