Concia africana, in Mali stenta, in Kenya grezzisti pronti alla guerra

Tra potenziali in cerca di piena espressione e lotte intestine, la filiera della pelle di Mali e Kenya vive un momento di grande fermento. Dati alla mano, gli operatori di Bamako sanno di essere tra i maggiori produttori di pelli del continente con circa 4 milioni di unità l’anno, di cui 3 milioni e mezzo provenienti da pecore e capre. Nonostante questo, però, l’industria che si sviluppa intorno agli scarti della macellazione non riesce a generare un valore aggiunto all’altezza delle aspettative. In Kenya, invece, si inasprisce il rapporto tra conciatori e grezzisti, questi ultimi sul piede di guerra per delle imposte fiscali ritenute troppo elevate.

Una strategia poco vincente
Secondo quanto riporta in un’analisi bamada.net, ciò che manca alla filiera della pelle in Mali è la capacità di aggiungere valore ai prodotti finali. Buona parte del grezzo, raccontano alcuni conciatori, viene comprata in località remote e spesso si tratta di materia prima di qualità non eccellente, che presenta buchi e graffi. Ogni pezzo viene pagato intorno ai 300 franchi centroafricani (circa 0,45 euro) e poi rivenduto a 600 (0,90 euro): un guadagno insignificante rispetto agli sforzi necessari per trasportarlo – a piedi – e lavorarlo. Il pellame viene poi acquistato da artigiani che lo trasformano in calzature, amuleti, borse e altri capi d’abbigliamento o accessori, venduti a prezzi molto variabili che difficilmente superano però i 15.000 franchi (circa 23 euro) e senza considerare che l’attività è spesso condizionata da un andamento ciclico, con periodi più intensi e altri di calma piatta.

Stop alle tasse per sei mesi
Si fa invece teso il rapporto fra grezzisti e conciatori in Kenya. I primi lamentano di registrare ancora 2,3 milioni di pelli invendute, bloccate nei magazzini da una tassa sull’export dell’80%. Il quadruplo – evidenziano – rispetto al 20% imposto sulla vendita di pelli conciate. “Lavoriamo come muli ma a godere di tutti i vantaggi sono i conciatori – attacca il commerciante Torome Keresheu dal portale standardmedia.co.ke -. Il governo dovrebbe invertire queste percentuali”. Il pesante balzello, è l’accusa dei grezzisti, fa aumentare notevolmente il costo della materia prima nazionale senza contare le ulteriori difficoltà determinate dalla crescente importazione di materiali sintetici. Per questa serie di ragioni i produttori hanno avanzato una proposta: 6 mesi di esenzione dalle tasse per l’export di grezzo. In questo modo, sostengono, si ridurrebbe lo stock e si eviterebbe che le pelli marciscano. (art)

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