Pelle italiana: il primato circolare e la matrice distrettuale

Pelle italiana: il primato circolare e la matrice distrettuale

“È importante far sapere a tutti che ciò che è stato fatto in Italia in termini di investimenti alla ricerca di una sostenibilità completamente circolare, non è stato fatto in nessuna altra parte del mondo”. Mette con forza l’accento su queste parole Fabrizio Nuti, presidente UNIC – Concerie Italiane, durante l’Assemblea Annuale dell’associazione (aderente a Confindustria e Confindustria Moda) svolta oggi a Milano. Sottolineando, anche, come la forza sistemica della concia italiana rappresenti un caso unico al mondo.

Il primato circolare

Il primato circolare della concia italiana, dice Nuti, “è un fatto e non è in discussione”. Però, “la presenza di realtà all’estero meno attente ai problemi sociali, di sicurezza e ambientali, finisce col danneggiare l’immagine dell’intero comparto”. Serve, allora, il rafforzamento del “lavoro culturale, educativo, sociale” che UNIC porta avanti da anni “intensificando l’attività di comunicazione verso gli stakeholder determinanti”. Una frase che introduce il passo successivo della riflessione. “La richiesta di nuove e sempre più valide pretese di sostenibilità da parte della moda o del design finisce per alimentare un marketing spregiudicato. E gonfiare una spropositata attenzione mediatica”. Il riferimento è a tutti i materiali “innovativi, bio-based o come meglio preferiscono raccontarsi” che continuano ad affacciarsi sul mercato ponendosi “in aperta concorrenza con la pelle”.

Solo la pelle è meglio della pelle

“C’è certamente spazio nel consumo per scelte diversificate – continua il presidente UNIC -. L’industria conciaria non ha alcun tipo di problema a mettersi in competizione. Ma è innegabile che questi competitor conquistino spazi maggiori sui media, fondando la loro strategia sulla denigrazione costante della concia e della pelle. E sull’assunto di una presunta superiorità in termini di sostenibilità e prestazioni. Superiorità che ad oggi non è stata mai suffragata dai fatti”. Anzi, una ricerca “dell’Istituto tedesco FILK ha messo sotto la lente del microscopio 8 di questi nuovi prodotti. E ha documentato come le loro performance tecniche abbiano poco o niente in comune con quelle del nostro materiale”. Non solo: “Lo stesso studio ha rivelato che la tanto rivendicata sostenibilità di questi materiali è gravemente compromessa dalla necessità di usare massicce dosi di componenti sintetici”.

La matrice distrettuale

Oltre la qualità, oltre la responsabilità green e la circolarità, la pelle italiana può definirsi come un caso unico al mondo per la sua matrice distrettuale. Una “matrice vincente da difendere e valorizzare. La nostra realtà produttiva basa da sempre il suo valore su un sistema territoriale che la alimenta e ne viene a sua volta alimentato. Non possiamo non riconoscere che lo sviluppo e il successo di noi piccole e medie imprese lo dobbiamo ai distretti e al loro sistematizzare un modello che rimane unico al mondo, quello della concia italiana. Sono stati un luogo strategico per lo sviluppo delle politiche ambientali. Abbiamo innovato prodotti e processi, risparmi di energia, di materie prime, riduzione di scarti e rifiuti e loro riciclo”. Occorre, dunque, “valorizzare ciò che esiste e mettere insieme le competenze di ciascuno, promuovere il miglioramento e il dialogo con le istituzioni verso scelte che vadano verso la transizione ecologica, proponendo e stimolando percorsi di formazione e informazione”.

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