BHV e Shein: il traffico cresce, ma il lusso è sotto assedio

BHV e Shein: il traffico cresce, ma il lusso è sotto assedio

Il BHV Marais, icona del commercio parigino, sta attraversando un momento di forte instabilità. L’accordo con Shein, culminato nell’apertura di un maxi-store all’interno dei suoi spazi, ha segnato una svolta che alcuni brand storici hanno scelto di non condividere. Le vetrine si sono svuotate e molti marchi di riferimento hanno abbandonato il department store. Ma l’ingresso fisico di Shein in Francia non è solo un tema di numeri e traffico in negozio, quanto il simbolo di una frattura più profonda, un banco di prova. Perché il lusso è sotto assedio (soprattutto quello europeo). Ed è chiamato a difendere la propria identità contro la proliferazione delle copie e l’erosione del valore creativo.

Se Shein riscuote successo

La cronaca, come riporta Fashion Magazine, racconta di arretrati non saldati. Di brand come Dior, Guerlain dal reparto profumeria e Sandro dal reparto abbigliamento che scelgono la ritirata, o di Armor-Lux che denuncia fatture insolute da mesi. Ma ridurre tutto a un problema di contabilità sarebbe miope. La vera faglia tra BHV Marais e gli ex fornitori si è aperta definitivamente con l’arrivo di Shein. Un maxi-spazio di mille metri quadri che ha portato decine di migliaia di visitatori e scontrini medi da 45 euro, che hanno spinto le storiche etichette a ritirarsi. Frédéric Merlin, patron della Société des Grands Magasins, però ha continuato a difendere l’accordo come un “acceleratore di traffico”.

 

 

Il lusso è sotto assedio

Eppure, l’apertura di Shein non è stata solo un fatto commerciale, ma il detonatore di un dibattito più ampio, quello sulla contraffazione e sui rischi che corre il lusso europeo. Vanessa Bouchara, avvocatessa specializzata in proprietà intellettuale, ricorda su Les Carnets du Luxe come nel diritto francese ed europeo, la contraffazione non si misura solo sulle differenze ma sulle somiglianze. Piccole variazioni non bastano: se un prodotto riproduce gli elementi distintivi di un marchio o di un’opera, è contraffazione. Il problema non riguarda solo i venditori terzi, ma anche le piattaforme che organizzano e promuovono la vendita. In questo senso, Shein non può nascondersi dietro il ruolo di semplice host, la sua responsabilità diretta o per complicità è un tema che i tribunali europei stanno già valutando. Ma la vera posta in gioco è culturale. La contraffazione indebolisce l’ecosistema creativo, scoraggia l’innovazione e svaluta l’artigianalità. Nel lusso, mina la percezione di autenticità, trasformando la creazione in un bene replicabile e privo di aura. Difendere la proprietà intellettuale significa quindi difendere il senso stesso del lusso come linguaggio culturale e come investimento economico. Il caso BHV diventa così un laboratorio: non solo per capire se un department store può sopravvivere alla convivenza con l’ultra fast fashion, ma per misurare la capacità del lusso europeo di resistere alla banalizzazione della copia.

Foto Shutterstock

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