Il quadro è chiaro. La scintilla è partita da Milano, dove la Procura guidata da Paolo Storari ha chiesto l’amministrazione giudiziaria per Tod’s, accusata di non aver contrastato a sufficienza fenomeni di caporalato legati a fornitori cinesi nelle Marche. Un provvedimento che ha fatto infuriare Diego Della Valle, deciso a difendere la sua azienda e il Made in Italy, accusando la magistratura di cercare visibilità e di aver esagerato con misure sproporzionate. La polemica ha subito trovato eco nel ministro Adolfo Urso, che ha parlato di “reputazione dei brand sotto attacco” e ha proposto una certificazione di legalità per tutelare l’intera filiera. Ma le associazioni di settore non si sono dette convinte: il rischio, sostenevano, era consegnare al mondo un’immagine distorta della moda italiana. Per capire quindi a che punto siamo col l’affaire caporalato basta leggere l’articolo “Basterà una certificazione?” sul mensile di novembre La Conceria.
A che punto siamo?
La proposta di Urso, che prevedeva un bollino rilasciato da soggetti terzi, ha aperto un fronte di dubbi. Camera Nazionale della Moda, Altagamma e Confindustria Moda hanno chiesto chiarimenti sull’applicazione del commissariamento senza contraddittorio, un’ipotesi che sarebbe stata una novità assoluta nel sistema giudiziario italiano. CNA e Confartigianato, invece, hanno sostenuto una certificazione che non si limitasse al prodotto finale, ma che valorizzasse l’intera filiera includendo il principio dell’equa remunerazione. Per inchiodare i grandi committenti alle responsabilità sui tempi e sui costi imposti ai fornitori.
La filiera tra subappalti e margini ridotti
Il dibattito sul caporalato, comunque, ha riportato al centro il tema della struttura produttiva. Marco Mistò, amministratore giudiziario in casi analoghi, distingue tra subappalti orizzontali e verticali: i primi permettono controlli più efficaci, i secondi rischiano di moltiplicare i livelli e di spingere verso l’illegalità. A pesare, secondo Mistò, sono soprattutto i margini ridotti imposti dai brand ai fornitori: salari bassi, difficoltà nel reperire manodopera specializzata e ricorso a pratiche borderline. Se i committenti fossero disposti a pagare di più, sostiene, il caporalato si ridurrebbe. Intanto, negli ultimi giorni ci sono state sviluppi nella vicenda Tod’s. La procura di Milano ha infatti iscritto nel registro degli indagati tre amministratori dell’azienda e la società stessa sostenendo che Tod’s non era all’oscuro di tutto. Società che ha subito commentato dicendosi “estranea a quanto contestato”. L’ennesimo capitolo in attesa di ulteriori aggiornamenti.
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Foto Tod’s
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