Dazi USA: lo sgomento delle associazioni moda e dei calzaturifici

Dazi USA: lo sgomento delle associazioni moda e dei calzaturifici

Dazi Usa: tra impatto, timori, confusione e strategie. Abbiamo raccolto la voce dei presidenti di Confindustria Accessori Moda, Confindustria Moda e Camera Nazionale della Moda Italiana insieme a due imprenditori del calzaturiero. Nel 2024 l’export dei prodotti moda italiani verso gli Usa è stato di 2,8 miliardi di euro per la filiera delle pelle (di cui 1,4 miliardi per la calzatura e 1,2 miliardi per la pelletteria) e di 2,75 miliardi per il tessile-abbigliamento.

GIOVANNA CEOLINI (presidente Confindustria Accessori Moda)

“I primi segnali raccolti tra le imprese italiane del settore accessorio moda indicano un impatto potenzialmente molto grave. Le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano circa l’11,1% dell’export totale delle imprese rappresentate da Confindustria Accessori Moda. Gli USA sono il secondo mercato più importante dopo la Francia. Se i dazi USA venissero confermati e mantenuti nel tempo, lo scenario prevedibile è quello di un’ulteriore crisi strutturale per il comparto, soprattutto per le piccole e medie imprese, già penalizzate da barriere tariffarie e da un accesso complesso al mercato americano. È probabile un’accelerazione delle strategie di diversificazione dei mercati: già oggi circa il 51% delle aziende che esportano negli USA ha iniziato a esplorare alternative (o si dichiara pronto a farlo), con focus su Asia (32%) ed Europa (31%), seguite da Medio Oriente (19%), Africa (10%) e Oceania (7%). Tuttavia, aprirsi a nuovi mercati richiede tempo, investimenti e supporto istituzionale”. (fonte comunicato stampa)

RODOLFO ZENGARINI (titolare del calzaturificio omonimo)

“Oggi il dazio per le scarpe in pelle vendute negli Usa è in media del 19%. E ad oggi non si sa se aumenterà dell’11% per arrivare al 30% o arriverà al 49% (19+30). C’è molta confusione. Nella seconda ipotesi l’impatto sarebbe devastante. Conseguenze? Il dazio verrà assorbito dalle aziende italiane esportatrici che vedranno ridurre la propria marginalità. Senza poi considerare l’andamento del cambio dollaro Usa contro euro: un dazio occulto (ad oggi) di circa il 15%. Serve dialogo. Alzare un muro contro muro sarebbe un disastro. Si bloccherebbe tutto. Speriamo che l’Europa riesca a trovare un accordo”. (fonte nostra intervista)

 

 

LUCA ROSSETTI (CEO del calzaturificio Fratelli Rossetti)

“Non abbiamo fatto dei conti. È impossibile farli per l’incertezza. Gli USA sono un mercato costosissimo, con altissime spese di distribuzione (per esempio l’affitto dei negozi) e supportare il calo di fatturato sarebbe difficile. Una situazione devastante. Vendiamo con sei mesi di anticipo e oggi i buyer americani, vista l’incertezza, aspettano a comprare”. (fonte Rai)

LUCA SBURLATI (presidente Confindustria Moda)

“Questa sfida può diventare anche un’opportunità per rafforzare filiere innovative e sostenibili e per spingere sul nearshoring, ricostruendo produzioni più vicine in Italia e nel Mediterraneo e creando nuovi legami commerciali come quello con il Mercosur”. (fonte Fashion United)

CARLO CAPASA (presidente CNMI)

“Per noi i dazi sono inaccettabili. Il settore rischia di diventare una nicchia. Trump sostiene che ci sia un’asimmetria nelle tariffe tra Usa ed Europa, ma è falso. Noi paghiamo già una tassa del 12% circa sulle esportazioni, così come gli americani ne pagano una all’UE. Un dazio del 30% è una sproporzione non giustificabile. Non mi aspetto questo da un Paese amico. Non è detto che la clientela di fascia alta che compra una giacca a 2.000 euro sia disposta a comprarla se ne costa 3.000”. (fonte La Stampa) “Per noi, avere i dazi al 30% significa aumentare i prezzi di circa il 15% sul mercato americano e, se a questo sommiamo il deprezzamento del dollaro nei primi sei mesi di quest’anno, arriviamo a un aumento di prezzo sui nostri prodotti del 25-30%, che sarebbe deflagrante” (fonte MF Fashion). (mv)

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