Venerdì 27 novembre la Borsa di Tokyo ha applaudito Human Made come si applaude a un concerto. Quello del marchio di streetwear giapponese non era solo un debutto finanziario, ma il riconoscimento di un immaginario. Un marchio nato tra le strade di Harajuku che ora muove milioni di dollari. Alle spalle, Nigo e Pharrell Williams, due architetti che convertono lo streetwear in valore, la cultura pop in hype. Il primo, maestro di Tokyo, il secondo, icona planetaria: insieme un manifesto. La quotazione è il segnale che lo streetwear non è più periferia, ma centro. Anche se qualcuno lo aveva dato per morto.
Le origini
Human Made è il secondo atto creativo del designer e produttore Nigo, dopo l’epopea di BAPE (fondato nel 1993). Nel 2010 Nigo crea Human Made insieme a Pharrell, attuale direttore creativo di Louis Vuitton. Il marchio appoggia le fondamenta su un messaggio chiaro: “present is the past”. E la filosofia incarna fin da subito la passione viscerale di un’intera generazione. Quella per il workwear americano (il filone che si ispira agli indumenti da lavoro) degli anni ’60, reinterpretato attraverso il filtro della delle icone del rock’n’roll che hanno segnato proprio l’adolescenza dei fondatori. Human Made è quindi una sorta di viaggio che unisce sartoria e prêt-à-porter, senza dimenticare la qualità degli abiti. Alla base, infatti, resta comunque la celebrazione del “fatto a mano” e una certa attenzione ai dettagli.
Convertono lo streetwear in valore
Il marchio riprende quindi la grammatica della strada con un tono più adulto, ironico, nostalgico, ma capace di parlare a un pubblico internazionale. Pharrell , socio e complice, aggiunge al marchio uno standing globale. La fusione con Nigo è, invece, una fusione di due linguaggi, Tokyo e Los Angeles, club e couture. Va da sé che la quotazione in Borsa non rappresenta solo un traguardo finanziario, ma la consacrazione di un percorso che ha trasformato la cultura pop in asset. Nigo, che un tempo dichiarava di non saper fare business, oggi siede nell’élite del fashion mondiale, come scrive Fashion Magazine, con una squadra manageriale che include veterani di Uniqlo e Sanrio. La forza di Human Made? Fondere hype e heritage, trasformare la nostalgia in linguaggio contemporaneo. Andando però oltre. I marchi di streetwear che sono naufragati poco dopo la nascita, si sono appiattiti su fenomeni passeggeri. Human Made ha saputo invece costruire una sua lingua, riconoscibile ma mai di nicchia.
Lo nuova lingua del capitale
Tuttavia, ed è questo il punto, il successo dell’Ipo dimostra che lo streetwear non è morto, e che anzi è tornato alla ribalta. A patto che rimanga su un piano distinto dal lusso. In passato (Pharrell lo fa ancora da LV) la crasi con i marchi di fascia alta ha contribuito a diluire i codici di entrambi i mondi, sfumando i confini. Human Made, invece, mescola heritage americano e cultura giapponese parlando ai giovani di Shanghai come ai turisti di Harajuku e LA. La domanda per le azioni ha superato di sessanta volte l’offerta: un segnale che la comunità costruita negli anni è diventata capitale paziente. Il futuro passerà, di nuovo, dalla Cina, definita dal brand come “il più grande mercato ancora inesplorato”, ma anche da espansioni negli Stati Uniti e in Europa. Collaborazioni con Nike, Levi’s e Pokémon hanno già mostrato la capacità di dialogare con l’industria globale. La sfida sarà mantenere densità simbolica mentre si cresce: non vendere di più, ma restare sé stessi mentre si vende di più.
Foto Human Made
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