È scattata l’ora de Meo. Il CEO di Kering, che ha preso le redini del colosso a metà settembre, sembra avere una strategia chiara. A pochi giorni dalla sua nomina, infatti, ha deciso di convocare centinaia di dirigenti per condividere un nuovo approccio. Una visione, la sua, già messa nero su bianco in un memo estivo (fatto circolare prima della sua conferma) che traccia una diagnosi lucida e propone oltre dodici direttrici operative. Tra queste, il riposizionamento del cliente come fulcro e una revisione del ruolo creativo. Ecco perché, Kering sotto de Meo si prepara a tornare al lusso come sistema. Meno visioni autoriali, più ascolto del mercato, più prodotto pensato per essere venduto
Kering sotto de Meo
Nel documento strategico redatto prima di assumere ufficialmente l’incarico, Luca de Meo mette in discussione uno dei pilastri del lusso contemporaneo, e cioè la centralità assoluta del direttore creativo. Come riporta La Lettre, se da un lato ne riconosce il valore per il 20% dei prodotti più iconici e sperimentali, dall’altro sottolinea come l’80% dell’offerta – piccola pelletteria, calzature, abbigliamento – debba rispondere a logiche più vicine ai beni di consumo. Tradotto: meno visioni autoreferenziali, più attenzione alle esigenze reali del pubblico. Un cambio di paradigma che mira a rendere il lusso più accessibile, senza snaturarne l’identità.
Nuove strutture
Oltre a rifocalizzarsi sul cliente, per il nuovo CEO bisogna ridurre drasticamente i tempi di sviluppo del prodotto, passando dal bozzetto alla boutique in sei mesi, contro i dodici attuali. Un’accelerazione che richiede una revisione profonda dei processi interni, ma che potrebbe restituire al gruppo quella reattività oggi indispensabile. De Meo ha parlato apertamente di razionalizzazione, riorganizzazione e riposizionamento dei brand meno performanti, con l’obiettivo di ridurre il debito e rafforzare la struttura. Una nuova era per Kering. Al netto delle ultime novità, quindi, viene da chiedersi se quello che abbiamo visto in passerella non sia già il frutto di un certo ridimensionamento (almeno creativo). Visto che quasi tutte le collezioni – da Bottega Veneta a Balenciaga – hanno preferito il prodotto alla narrazione. Resta da capire come si scioglierà il nodo Gucci. Perché Demna è il meno “sistemico” tra i designer. E perché già nel debutto alla guida della maison fiorentina ha puntato su un prodotto ben fatto, ma focalizzandosi comunque sulle storie da raccontare. Soppesandole.
Foto Kering
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