Le fatiche del terzismo secondo CNA Toscana: troppa “monocommittenza”, prezzi all’osso, zero ricambio generazionale

Un unico committente, una trascurabile indipendenza sul mercato, listini non abbastanza remunerativi. Sono questi i problemi tipici e ricorrenti del (piccolo) contoterzismo toscano. Lo rivela l’indagine “Moda artigiana toscana e contoterzismo tra continuità e trasformazione”, realizzata da CNA Toscana su un campione di 127 imprese del comparto moda (in particolare pelletterie e imprese tessili delle province di Firenze, Prato e Arezzo). I problemi sono soprattutto legati ai prezzi (27,6%), poi riduzione del lavoro (18,1%), standard produttivi (18,9%) e condizioni contrattuali (18,9%), e la maggior parte di essi si collega al rapporto con la committenza e all’andamento del mercato. “La crisi c’è ma non riguarda tutti – ha specificato Francesca Mazzocchi, coordinatrice CNA Federmoda Toscana -. Qualcuno ha trovato una chiave per lavorare bene grazie alla capacità di diversificare la committenza”. Soluzioni per il futuro? Efficienza, nuovi macchinari e orientamento all’innovazione, ma anche flessibilità: “Il contoterzista è visto come un operaio delocalizzato dell’azienda madre, ma non è così. Se ha una gestione imprenditoriale e una visione sul mercato, capace di capire e adattarsi alla richieste, l’impresa terzista funziona”. Infine, il “capitale umano”: c’è un profondo problema di ricambio generazionale, di inserimento dei giovani nella manifattura, per garantire una continuità aziendale all’imprenditorialità italiana che altrimenti rischia di essere sostituita da imprese a gestione straniera, che in Toscana rappresentano già il 49,2%.

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