La filiera della moda sotto la lente d’ingrandimento. Forma, sostanza e un equo riconoscimento del lavoro. Sono i tre pilastri della legalità emersi nella tavola rotonda dal titolo “Moda e legalità: verso un futuro sostenibile nella filiera della pelle”, promossa da Confindustria Accessori Moda. L’incontro si è svolto stamane all’interno di Lineapelle e ha visto l’attiva partecipazione di UNIC – Concerie Italiane e di ICEC.
La filiera della moda sotto la lente d’ingrandimento
L’ospite più atteso è stato il Prefetto di Milano Claudio Sgaraglia, che ha ricordato e poi illustrato lo stato dell’arte del Protocollo per la legalità nelle filiere della moda, promosso dalla stessa Prefettura di Milano e firmato lo scorso maggio, dopo un anno di incontri e riunioni. Protocollo resosi necessario dopo le inchieste sul caporalato che hanno coinvolti alcune top griffe del lusso. Sulla scia della piattaforma per la logistica, si sta lavorando per elaborare una piattaforma digitale (sostenuta da Regione Lombardia) al fine di censire imprese e manodopera. I documenti richiesti variano in base alle fasce di fatturato. Se tutta la documentazione risulterà in ordine, il brand/azienda riceverà un attestato di trasparenza o, come l’ha definita il Prefetto: “la patente di un’azienda sana”. Piattaforma e protocollo che hanno l’ambizione di diventare a carattere nazionale.
Le criticità emerse
Soprattutto quando avranno superato delle criticità. Una delle quali è la riservatezza dei dati che, secondo Gian Piero Geminani, avvocato e legal advisor per UNIC – Concerie Italiane e Lineapelle, potrebbe comportare una perdita del potere contrattuale ai soggetti già deboli e cioè le imprese della filiera. Tra controlli e audit “la cui conduzione non è affatto banale” ha sottolineato Sabrina Frontini, direttrice di ICEC, (l’ente italiano di certificazione per l’area pelle) da armonizzare e allineare. Il dibattito è poi scivolato su uno dei nodi centrali della questione: quanto i brand pagano i loro fornitori e subappaltatori. Le inchieste milanesi hanno gettato discredito su una filiera, quella italiana, che è la più virtuosa e composta da aziende trasparenti che lavorano in piena legalità. Lo hanno sottolineato Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda, e Claudia Sequi, presidente di Assopellettieri. “Siamo consapevoli e d’accordo con tutto ma per le aziende, specie le più piccole è complicato agire in questo sistema, perché comporta costi. I brand chiedono dei prezzi che non corrispondono al vero per cui occorre una relazione giusta tra marchi e filiera” ha sottolineato Ceolini. (mv)
Nella foto a sinistra, il Prefetto
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