Niente scudo anti-Caporalato, chiarimenti sul Protocollo lombardo

Niente scudo anti-Caporalato, chiarimenti sul Protocollo lombardo

Arrivano due novità o, meglio, una novità e un chiarimento, sul perimetro normativo per la legalità della moda. Innanzitutto, salta il cosiddetto “scudo anti-Caporalato”: un emendamento propone lo stralcio degli articoli dal 26 al 30 del disegno di legge per le PMI. Intanto UNIC – Concerie Italiane chiarisce i dubbi di alcune aziende su quanto prevede il Protocollo d’intesa per la legalità varato la scorsa primavera dalla Prefettura di Milano.

Niente scudo anti-Caporalato

Si trattava, in estrema sintesi, della legge che avrebbe consentito tramite l’istituzione di una certificazione di conformità delle filiere per proteggere le imprese capofila dalle eventuali irregolarità riscontrate presso fornitori e subfornitori. Il Governo l’aveva caldeggiata, alla luce delle indagini della Procura di Milano sul caporalato nella supply chain di alcuni brand della moda. Niente da fare: troppe le polemiche e troppi i malumori. Come scrive il Sole 24 Ore, un emendamento dello stesso relatore della maggioranza in Commissione Attività produttive alla Camera ne propone lo stralcio. Il disegno di legge per le PMI torna ora in Senato.

 

 

Chiarimenti sul Protocollo lombardo

Alcune aziende si erano persuase che il Protocollo lombardo prevedesse che pure le concerie fornitrici fossero obbligate ad adottare il Modello 231. Non è così, chiarisce UNIC. Sorvolando sul fatto che il Protocollo è ancora in fase di sperimentazione e non applicabile, resta che l’adesione è su base volontaria e che il testo esclude “i fornitori di materia prima”. Allo stesso tempo da UNIC invitano a considerare che il Protocollo (il cui perimetro di azione è quello della Regione Lombardia) non esclude che le aziende aderenti possano avere fornitori che non ne facciano parte. In estrema sintesi: nessuno parli di obblighi, perché non ce ne sono.

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