Urso (MIMIT) ha la soluzione per il caporalato: una certificazione

Urso (MIMIT) ha la soluzione per il caporalato: una certificazione

Ora che anche per Tod’s la Procura di Milano ha chiesto l’amministrazione giudiziaria, la soluzione per il caporalato è diventata l’urgenza del sistema. Adolfo Urso, titolare del Ministero per il Made in Italy (MIMIT), ha detto di essere al lavoro sul tema: “Quando abbiamo avuto le prime notizie che riguardavano anche altri brand italiani della moda già qualche mese fa – riportano le agenzie –, abbiamo predisposto un dispositivo legislativo ora nel disegno di legge sulle PMI in esame al Senato”.

La soluzione per il caporalato

Allo scrutinio delle toghe ci sono ora le pratiche di gestione della supply chain di Tod’s, dicevamo. Prima gli inquirenti si sono interessati a quelle di Loro Piana e di Valentino Bags. Prima ancora a quelle di Alviero Martini SpA, Dior Manufacture e Giorgio Armani Operations. Ogni caso è grave in sé, ma tutti insieme rischiano di pregiudicare l’intero Paese: per questo Urso (in foto, Imagoeconomica) spiega che il valore da tutelare è “la reputazione del Made in Italy”: “Tod’s è un brand italiano di grande livello ed eccellenza, con una reputazione internazionale indiscutibile”. Allo stesso modo, aggiunge, “il Made in Italy non è solo un marchio economico, ma un patrimonio culturale e morale che il mondo associa alla bellezza, alla qualità e, sempre più, alla sostenibilità”.

 

 

La certificazione

Qual è la proposta del MIMIT al vaglio del Senato? “In questo dispositivo prevediamo che i brand possano far certificare da un ente terzo tutte le imprese piccole e medie artigianali che producono per loro sul piano, appunto, della legalità – risponde Urso –. È una certificazione preventiva da parte di un ente terzo che possa garantire loro, noi e certamente anche i lavoratori della filiera”. Lo strumento non esclude la necessità di repressione che spetta sempre “ovviamente alle autorità giudiziarie”, ma rappresenta un “sigillo di trasparenza” che “tutela la reputazione dei nostri brand cui non possiamo assolutamente rinunciare. Non basta produrre in Italia – conclude –: serve garantire che tutto avvenga nel rispetto delle regole e della dignità del lavoro”.

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