Davvero pensate si possa dialogare con questi qua?

Davvero pensate si possa dialogare con questi qua?

La questione è spinosa. Perché molti brand, grandi e piccoli, ritengono che si possa dialogare con i vegani radicali. Peggio: che si possa ammiccare al loro universo di valori, assecondando a turno i loro desiderata (tipo bandire la pelliccia, la lana d’angora, le pelli esotiche e chi più ne ha più ne metta), salvaguardando al contempo la propria autonomia. Non è così: per un brand aprire le porte alle istanze vegane vuol dire rinunciare alla propria indipendenza. Non lo diciamo noi, lo confermano i fatti. Nel giro di pochi giorni da PETA sono arrivate tre dimostrazioni della loro idea di pluralismo nella moda (non ce n’è: hanno ragione loro). E della loro idea di sostenibilità: l’unica è obbedire ai loro diktat.

La tripletta di PETA

Partiamo dalle dichiarazioni di Ingrid Newkirk, fondatrice di PETA, a BoF. La testata riepiloga alcuni risultati dell’organizzazione vegana: molti brand hanno rinunciato alla pelliccia e ora mettono in discussione altri materiali animali. La stessa testata, però, riconosce che le alternative veggie presentano molte criticità: sono plastiche, costose e di scarsa qualità. Newkirk non arretra di un passo. PETA andrà avanti fino a quando la moda rinuncerà a tutti i materiali animali: “Siamo qui per cambiare l’industria”. Leatherbiz, invece, sintetizza i contenuti del confronto organizzato in Germania tra un imprenditore calzaturiero e un’esponente di PETA. Il confronto è stato civile e l’imprenditore ha avuto occasione di raccontare dinamiche, pregi e frontiere di evoluzione della manifattura in pelle. L’antagonista, ciononostante, nelle conclusioni non si è spostata da una virgola dal suo pregiudizio: si augura che la scarpa abbandoni i materiali animali. Sic et simpliciter. Per completare il quadro, l’account Instagram di PETA ha pubblicato una card che torna sull’incubo degli accessori in pelle umana: perché nella loro prospettiva l’intangibilità degli animali è pari al tabù dell’omicidio.

 

 

A chi pensa che si possa dialogare

I grandi gruppi della moda si prefiggono di esplorare tutte le possibilità e investire in tutte le novità, anche solo per saggiarne il potenziale. È un loro diritto, quindi, spendere soldi in materiali bio-based. Moltissimi brand si sono dotati di linee vegane: è una comprensibile necessità di marketing. È un errore, però, pensare di poter assecondare alcuni diktat degli oltranzisti green per opportunismo, banalmente per strizzare l’occhio a quel mondo. Perché gli stessi oltranzisti green tornano alla carica, alzando l’asticella, chiedendo di più, pretendendo che gli venga riconosciuta la stessa ragione in tutto quello che dicono. Se ne sarà accorto chi ha rinunciato alla pelliccia, pensando fosse un sacrificio sostenibile in cambio di un po’ di buona stampa, e ora si trova davanti ai negozi invasati che pretendono la rinuncia alla pelle, alla lana e alla seta. Non c’è dialogo con chi ti sbatte in faccia i suoi dogmi.

Foto da Shutterstock

 

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