Un Velo di Pelle: Mauro Talamonti e Brutus scolpiscono il corpo

Un Velo di Pelle: Mauro Talamonti e Brutus scolpiscono il corpo

La fotografia di Mauro Talamonti è sempre un attraversamento: di luoghi, di corpi, di superfici, di tensioni. Con Un Velo di Pelle, questa tensione si concentra in una serie di immagini essenziali, realizzate interamente in studio e in collaborazione con Brutus, brand torinese di abbigliamento in pelle. Talamonti reinterpreta un materiale sperimentale, una vera pelle naturale resa traslucida da un processo artigianale. Il risultato è un dispositivo ottico e simbolico, dove il corpo avvolto da una membrana trasparente diventa scultura di luce. Un velo che protegge e rivela, che trasforma la pelle in metafora del guardare, equilibrio fragile tra rigore tecnico e vulnerabilità interiore.

La pelle come linguaggio

Brutus non è un marchio tradizionale, ma un’officina che lavora la pelle come fosse parola, gesto, identità. Ogni capo nasce come pezzo unico, con colorazioni sperimentali e imperfezioni che diventano stile. In questo progetto, la pelle traslucida non è più solo materiale da indossare, ma membrana che respira e si fa superficie di rivelazione. La collaborazione con Talamonti porta la pelle oltre la moda, verso un territorio ibrido tra design e performance. La materia diventa dispositivo, non veste ma avvolge; non nasconde, ma amplifica. È un linguaggio che si piega alla luce, che trasforma il corpo in immagine e l’immagine in scultura.

 

 

Lo sguardo trasversale di Talamonti

Lo sguardo di Talamonti, tra l’altro, non e mai piatto ma trasversale. E anche in questo nuovo lavoro il fotografo non si limita a registrare, ma cerca sempre la materia del visibile. In Un Velo di Pelle questa ricerca si radicalizza: la pelle diventa filtro e specchio, barriera e trasparenza. Il corpo, avvolto da un velo che è al tempo stesso protezione e esposizione, si trasforma in icona fragile e potente. È un gesto che unisce rigore e vulnerabilità, dove la fotografia non è solo immagine ma esperienza di verità. La trasparenza diventa metafora del guardare: un invito a oltrepassare la superficie, a scoprire ciò che la materia nasconde e rivela.

Foto Mauro Talamonti

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