Aria pesante negli stabilimenti Natuzzi in Puglia e Basilicata. I dazi statunitensi al 15% influiscono sugli ordini, con un impatto previsto del meno 20% dei ricavi. Ma è solo uno degli elementi che si abbatte sulla lunga vertenza sindacale relativa alla forza lavoro in cassa integrazione, concessa a febbraio 2024 e in scadenza al 31 ottobre per gli stabilimenti di Jesce 1 e 2, La Martella e Laterza. La multinazionale del mobile imbottito guidata da Pasquale Natuzzi ha chiesto il 3 ottobre scorso al Ministero del Lavoro un confronto per avviare una nuova tranche di ammortizzatori sociali.
Aria pesante negli stabilimenti Natuzzi
Intanto i sindacati sono in allarme. Da Cobas denunciano una situazione “drammatica” per l’azienda, paragonandola a “un Titanic nell’oceano”, mentre Feneal UIL, Filca CISL, Fillea CGIL (con Uiltucs, Fisascat CISL e Filcams CGIL) hanno proclamato lo stato di agitazione “con effetto immediato” in tutti gli stabilimenti del Gruppo Natuzzi, assieme alle RSU, RSA e alle segreterie territoriali, regionali e nazionali.
La richiesta al governo
Natuzzi chiede al Governo un nuovo accordo quadro dopo quello siglato nel 2022 che preveda cassa integrazione straordinaria per 936 lavoratori, includendo anche lo stabilimento di Graviscella e la sede di Santeramo in Colle. L’accordo prevedeva anche contratti di solidarietà e incentivi all’esodo, oltre a percorsi di riqualificazione per i lavoratori. Il rischio esubero, secondo i sindacati, si abbatterebbe in totale su una forza lavoro pari a 1.800 collaboratori del Gruppo Natuzzi. Cobas intanto sottolinea, oltre alla mancata convocazione della cabina di regia sulla vertenza da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il ritardo da parte di Natuzzi nel pagamento degli stipendi e propone all’azienda di emettere – come ricorda il Nuovo Quotidiano di Puglia – obbligazioni aziendali per reperire liquidità e garantire gli stipendi. (aa)
Foto da Natuzzi
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