Dazi, auto e lusso: segnali di fumo dal mercato cinese

Dazi, auto e lusso: segnali di fumo dal mercato cinese

L’impegno (o, meglio, l’auspicio) per mitigare gli effetti della Trade War. Le prospettive di sviluppo dell’indotto delle quattro ruote. Una domanda dei beni personali di lusso che rimane tiepida, per non dire freddina. Da una fiera di settore (ACLE) e dall’indagine di una banca (Barclays) arrivano segnali di fumo sulle condizioni del mercato cinese. Tra criticità e motivi di speranza.

Segnali di fumo da ACLE

È in corso All China Leather Exhibition (ACLE, 3-5 settembre), fiera della pelle che si tiene a Shanghai una volta l’anno. L’evento non può rimanere indifferente alle tensioni geopolitiche che condizionano il mercato e i padroni di casa di CLIA (l’associazione cinese della concia) hanno voluto approfittare dell’occasione per lanciare segnali di distensione. Il vicepresidente Chen Zhanguang, scrive ILM, ha detto di essere in stretto contatto con LHCA (la controparte statunitense) per ottenere dai rispettivi governi l’esenzione dal pagamento dei dazi. Nessuna delle due filiere, reciprocamente molto esposte, avrebbe niente da guadagnarci dalle barriere protezionistiche. A proposito delle opportunità di business, Marc Brunel (direttore generale di Alliance France Cuir) vede grandi spazi nella filiera delle quattro ruote. Stando alle sintesi di Leatherbiz, a suo dire la domanda di pelle per le auto vale 50 miliardi di euro l’anno: una domanda forte, strutturata (il 20% degli abitacoli realizzati in Cina monta interni in pelle) e, soprattutto, crescente.

 

 

Un lusso un po’ così

Uscendo dalla fiera di settore, il mercato cinese dei beni di lusso (da cui dipendono le fortune di gran parte dei brand internazionali) resta tiepidino. Secondo un’indagine di Barclays di cui scrive Fashion Magazine, il 2025 chiuderà in calo del 10%, mentre nel periodo 2026-2030 la domanda tornerà a crescere, ma non ai ritmi prorompenti cui ci ha abituato in passato. Nel frattempo, sta giungendo a maturazione il processo di nazionalizzazione dei consumi. In un modo, nota Barclays, meno virulento di quanto si sarebbe potuto temere. I clienti sono maggiormente propensi ad acquistare prodotti di marchi cinese, ma non per questo abbandonando totalmente le griffe europee. Su un mercato un po’ più piccolo, insomma, ci sono concorrenti nuovi.

Foto da Shutterstock

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