La pelletteria italiana alle porte di Mipel: bene, ma non benissimo

Franco Gabbrielli nuovo presidente MIpel e Assopellettieri

Una manifestazione che ospiterà oltre 350 brand e attende circa 12.000 visitatori da 96 Paesi. L’edizione 116 di Mipel, “la più importante manifestazione internazionale dedicata al B2B di borse e accessori moda, è stata presentata ieri a Milano. Inizierà domenica 15 settembre per concludersi mercoledì 18 e sarà la prima sotto la guida del nuovo presidente Assopellettieri, Franco Gabbrielli (foto a sinistra). La seguiremo day by day sul nostro sito e sui nostri account social. Ora, quindi, ci poniamo una domanda meno fieristica è più congiunturale. Come arriva la pelletteria italiana a Mipel?

L’export e la Svizzera
Nella nota congiunturale diffusa da Assopellettieri, le esportazioni sono cresciute del 27,5% in valore. Però, solo del 3,1% in quantità nei primi 5 mesi del 2019. Un dato “drogato” dai flussi diretti verso la Svizzera, tradizionale hub logistico-distributivo dei grandi brand internazionali della moda (+112,7%, per una quota del 38,5%). Senza il contributo della Svizzera, infatti, l’export sarebbe aumentato solo del 2%. Bene gli USA, male la Russia, stabili Cina e Hong Kong.

La pelle
L’analisi per materiale evidenzia un aumento del 22,8% in valore per gli accessori in pelle che coprono tre quarti dell’export nazionale. Gli stessi, però, perdono in quantità (-2,4%), con segni negativi per borse (-0,3%) e piccola pelletteria (portafogli, borsellini, portachiavi, astucci per oggetti e simili).

Sprofondo italico
Il primo semestre 2019 ha evidenziato una nuova flessione per il mercato domestico: -4,8% in quantità e -3,1% in valore (dati Sita Ricerca). Nel secondo trimestre c’è stato un peggioramento rispetto al primo, già di segno negativo. Cresce l’online (+9,2% in quantità ma solo +0,2% in spesa, ulteriore segnale dell’estrema attenzione al fattore prezzo), che ha raggiunto una quota del 12,5% sul totale acquisti in volume.

Meno lavoro
A trarre beneficio da questa congiuntura sono soprattutto le imprese più grandi e strutturate. Le piccole soffrono di più. Non a caso, i dati di Infocamere-Movimprese segnavano a fine giugno 2019 un saldo negativo nel numero di imprese, tra industria e artigianato, pari a 78 unità in meno rispetto a dicembre 2018.

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