È partita ieri, 23 settembre, nel cuore di Milano, l’ottava edizione di Lineapelle Designers Edition, trasformando Piazza Giuseppe Tomasi di Lampedusa in un palcoscenico urbano per la creatività. Lo Spazio Lineapelle ha accolto le presentazioni in una cornice culturale metropolitana, dove diciassette designer e brand internazionali celebrano la pelle tra arte, forma e ribellione. Non solo passerelle, ma un laboratorio di idee dove stile e innovazione si fondono. Ad aprire la giornata, MARAGNO con “Double Skin”, brand che esplora l’identità attraverso capi fluidi e poetici. Alberto Zambelli, stilista dalla visione architettonica, ha presentato “Deco-n-struct”, un omaggio sartoriale a Le Corbusier. Anton Giulio Grande, maestro della teatralità couture, ha chiuso con “Frida”, collezione intensa e visivamente potente ispirata all’artista messicana.
La pelle tra arte, forma e ribellione
Ad aprire la giornata è stata la collezione “Double Skin” di Maragno, un viaggio intimo tra identità e metamorfosi. La pelle diventa qui metafora di libertà e introspezione, in una narrazione che invita a sentirsi prima ancora che definirsi. I capi, dalle linee fluide e avvolgenti, abbracciano il corpo con delicatezza: corpetti in pelle, gilet smanicati in camoscio e camicie trasparenti si alternano in nuance neutre e calde. Il momento più potente arriva al termine della sfilata, quando i modelli si spogliano, rimanendo in body che evocano il corpo nudo. Un gesto simbolico che rivela l’anima, oltre la superficie.
Il decostruire di Alberto Zambelli
Nel pomeriggio, la tensostruttura Leather Fashion Hub ha accolto la visione di Alberto Zambelli, che con “Deco-n-struct” trasforma l’architettura in moda. Ispirandosi a Le Corbusier e al concetto di angolo retto come equilibrio tra opposti, Zambelli costruisce una collezione dove rigore geometrico e fluidità organica convivono. Macro-rouche spezzano la linearità, creando movimento plastico su tuniche eteree e smanicati scultorei. I pellami, modellati a moulage, si declinano in camicie smoking, macro bermuda e kaftani che evocano una femminilità ancestrale. Ogni capo è un gesto artigianale, un frammento di poesia cucito a mano. La forma diventa esperienza vitale, il corpo terreno di incontro tra mondi.
La “Frida” di Anton Giulio Grande
A chiudere la prima giornata è stata la collezione “Frida” di Anton Giulio Grande, omaggio vibrante all’artista messicana Frida Kahlo. In passerella, 22 look scolpiti in camoscio, cavallino e nappe, con top asimmetrici e gonne gipsy ornate da frange di pelle. Il debutto è affidato a un giubbotto con il volto iconico di Frida, seguito da balze di pizzo e cristalli che danzano con la luce. Le acconciature si trasformano in corone floreali, evocando la poetica dell’artista, “dipingo i fiori per non farli morire”. Grande costruisce un racconto visivo potente, dove ogni capo è un atto di ribellione, ogni dettaglio un tributo all’arte come rifugio e resistenza.
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