Brexit è “un braccio legato dietro la schiena”. Lo ha affermato Helen Brocklebank, CEO di Walpole, associazione del lusso britannico che rappresenta oltre 250 aziende della moda, automotive, ospitalità e design. Un report di Walpole ha quantificato i danni procurati da Brexit all’export britannico del lusso. I recenti accordi commerciali siglati dal premier inglese Keir Starmer (nella foto Imagoeconomica) con India, USA ed Europa potrebbero alleviare la situazione.
“Un braccio legato dietro la schiena”
Secondo uno studio pubblicato da Walpole, le esportazioni britanniche di beni di lusso verso l’UE sono state inferiori, in media, del 43% rispetto a quanto sarebbero state senza Brexit. Secondo il rapporto condotto da Frontier Economics, l’effetto Brexit si è fatto sentire soprattutto nei settori della moda e degli accessori, in calo del 64%. Per ovviare a queste difficoltà, vari brand britannici del lusso hanno creato poli logistici e filiali commerciali nel territorio europeo.
Risorse perse
Questa strategia ha drenato risorse che le aziende avrebbero potuto destinare per migliorare la loro competitività, con investimenti più legati al territorio britannico (fonte WWD). Brocklebank ha affermato che il settore del lusso britannico ha un potenziale di crescita e potrebbe raggiungere i 125 miliardi di sterline entro il 2028. Il rapporto ha mostrato che la UE resta il primo mercato di destinazione del lusso del Regno Unito, nonostante la sua quota sia scesa dal 42% del 2017 al 32% del 2022. Poi troviamo USA e Asia, entrambe al 22%. A seguire il Medio Oriente al 14%.
War trade
La guerra dei dazi innescata da Donald Trump è stata l’occasione per il leader britannico laburista Starmer per uscire dall’isolazionismo in cui si era finito il Regno Unito. Con un approccio pragmatico, in un mese, il Regno Unito ha siglato accordi commerciali con l’India, gli Stati Uniti e l’Europa. Quest’ultimo patto è arrivato quasi 9 anni dopo Brexit ed è stato visto come un “tradimento” dal fautore della Brexit, Nigel Farage. Per Reuters, gli accordi non innescheranno una spinta economica immediata, ma potrebbero aumentare la fiducia delle imprese, attirando investimenti. (mv)
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