Come dimostra Gucci, il marketing del lusso non è più solo social

Come dimostra Gucci, il marketing del lusso non è più solo social

Il marketing del lusso non è più “solo” una questione social. L’ultimo avvicendamento ai vertici dei brand lo dimostra, anzi esplicita un trend che corre sottotraccia. Perché Gucci riabbraccia Alessio Vannetti, che torna nella veste di vice president chief brand officer, mentre Valentino sostituisce proprio Vannetti scorporando il suo ruolo in due poltrone, consegnate a Yigit Turhan (marketing) e ad Andrea Cappi (e-commerce & omnichannel). “Dopo l’addio di Michele è in corso una rivoluzione – commenta con MFF Roberto D’Incau, fondatore di Lang&Partners (agenzia di consulenza nella gestione delle Risorse Umane) –. La nomina di Vannetti ne è l’esempio”.

 

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Cambia il marketing del lusso

La rivoluzione riguarda la trasformazione delle professionalità (e quindi le caratteristiche) richieste per guidare la comunicazione di un brand. “Prima quando ci chiedevano figure di PR – continua D’Incau –, i marchi volevano trentenni che sapessero usare bene i social media. Figure che ancora sono necessarie alle aziende, anche se abbiamo l’impressione che la nomina di Vannetti vada nell’ottica di un riequilibrio. La stessa definizione di PR oggi calza un po’ stretta”. Già, adesso serve qualcosa di più del Millenial bravo su Instagram: ne va dei risultati commerciali delle collezioni. “Il ruolo del PR si è trasformato in quello di chief marketing officer – chiosa Francesco Palmeri, headhunter di Lang&Partners –. Parlando con i nostri clienti è evidente che oggi, nelle strategie delle aziende di moda, il 60% delle operazioni e dei risultati è legato al marketing di alto livello e il 40% allo stile”. Servono idee più articolate di una campagna social.

Foto da British Fashion Council

 

 

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