Cucinelli: il boom di un certo lusso (francese) non poteva durare

Cucinelli: il boom di un certo lusso (francese) non poteva durare

Brunello Cucinelli è famoso per la sua cultura e il suo approccio filosofico alle cose. Ma di certo non difetta di onestà intellettuale né di prudenza nell’esporre le proprie tesi. L’attuale depressione di un certo lusso non lo stupisce. Anzi, al Financial Times dice che la trova “inevitabile”, proprio perché a capo di una lunga stagione di crescita nel nuovo millennio culminata con l’exploit del post Covid. Le aziende hanno pensato troppo ai profitti e messo il cliente di fronte a un bivio: “Spendere migliaia di euro per comprare capi che tutti hanno – spiega – o, peggio, che pagherebbero 50 volte di più del costo di produzione”.

Un certo lusso francese

Cucinelli, va detto, con Financial Time predica anche ottimismo: “Non penso che dovremmo preoccuparcene: molti di questi brand hanno fondamenta solide – sono le sue parole –. Non è una tragedia se perdono il 2% in un trimestre, anche se capisco che il mercato azionario la pensi diversamente”. Cucinelli, però, non ha paura di criticare i colleghi. “Se guardi ai bilanci dei marchi italiani di vent’anni fa, i profitti erano intorno al 10%. Poi sono arrivati i gruppi francesi – sottolinea – e c’è stato il boom. Noi siamo gli unici che continuano a fare il +10%, i profitti di molti altri brand sono raddoppiati”. Qual è il problema? “Vuol dire che i ricavi sono cresciuti più volte. Ma non ci sono magie: può accadere solo se aumentano volumi di produzione e prezzi, mentre diminuiscono i costi”.

 

 

Il cliente come deve reagire?

Il taglio dei costi passa anche da una gestione leggera degli appalti e relativi subappalti, come svelato dalle recenti inchieste di Milano sul caporalato nella filiera lombarda (che ha coinvolto anche Dior Manufactures e Loro Piana, maison di LVMH). “Quando poi si finisce sui giornali – chiosa –, i nostri ricchi clienti si sentono presi in giro e smettono di comprare: li possiamo biasimare?”. Ma il problema riguarda anche chi non ha visto la propria filiera di fornitura trasformarsi in un dossier sulla scrivania di un PM. “Molti hanno voluto inseguire certi successi esorbitanti: si prenda Gucci – conclude Cucinelli –. Ha quadruplicato i ricavi in quattro anni, ma senza alcuna logica”. L’imprenditore umbro intende dire che tra aperture di negozi, stile forte e successivi cambi di guida, l’unico risultato ottenuto dal brand ammiraglio del gruppo Kering è stato “inondare il mercato di prodotti e rendere il marchio meno desiderabile”.

Foto Imagoeconomica

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