L’incertezza dei dazi USA non è finita. Il 15% pattuito tra USA ed UE è un dazio aggiuntivo o no? E le griffe del lusso sono in grado di aumentare ancora i prezzi per compensare i dazi? La debole domanda dei consumatori mette alla prova il loro potere d’acquisto. Ecco che gli ultimi studi e gli scenari prospettati dagli analisti raccontano della sfida dei prezzi fronteggiata dai marchi.
Le ipotesi
UBS stima che un dazio del 15% sull’export verso gli USA potrebbe essere compensato con un aumento medio dei prezzi di vendita del 2% da parte dei marchi di lusso. Oppure un aumento dell’1% a livello globale se vogliono mantenere un equilibrio nell’armonizzazione dei prezzi tra le varie regioni. In caso di non aumento dei prezzi, i loro guadagni subirebbero un impatto di circa il 3%. Cosa faranno le griffe in un periodo di rallentamento dei consumi, tenendo presente che i clienti ricchi stanno resistendo agli aumenti e molti prodotti di lusso sono già inaccessibili per i consumatori aspirazionali?
La sfida dei prezzi
Non a caso in questo 2025 i prezzi sono cresciuti meno che in passato. Secondo UBS, il prezzo dei beni di lusso è aumentato in media del 3% tra gennaio e maggio 2025. Una percentuale nettamente inferiore rispetto al picco dell’8% registrato nel 2022. Sul Financial Times, Claudia D’Arpizio di Bain definisce questa cautela negli aumenti un “chiaro cambio di strategia”. E aggiunge: “Un approccio più misurato ai prezzi rappresenta uno sforzo per difendere i volumi e allo stesso tempo costruire una resilienza contro rischi imminenti, come possibili dazi doganali”. A sua volta Jacques Roizen, CEO di Digital Luxury Group per la Cina, ha dichiarato a Reuters: “I marchi stanno procedendo con attenzione con ulteriori aumenti dei prezzi per evitare di alienare gli acquirenti più giovani e occasionali”.
Spazio di manovra limitato
Alcuni brand di fascia alta affermano di essere in grado di poter aumentare i prezzi per compensare i dazi, ma analisti e professionisti del settore avvertono che alcuni di essi hanno uno spazio di manovra molto limitato dopo gli aumenti praticati in passato. In sintesi chi ha già praticato aumenti oggi ha una minor opportunità rispetto a chi è stato più prudente. “I marchi che hanno sbagliato il saldo dei prezzi sono quelli che lottano di più oggi” sostiene Flavio Cereda di Gam Luxury Brands.
I nodi sui dazi
Nonostante l’accordo tra USA e UE l’incertezza non è completamente finita. Infatti, non si sa ancora con certezza se il dazio del 15% è aggiuntivo a quelli esistenti o no. La presidente UE Ursula von der Leyen ha dichiarato che il 15% non è aggiuntivo, secondo un report CNBC. Sarebbe una grande novità per i marchi europei di calzature se ciò venisse confermato da Trump. Secondo Paulo Goncalves, responsabile comunicazione di Apiccaps, l’associazione portoghese dei produttori di calzature, componenti e pelletteria, nel 2024 il dazio medio per le scarpe portoghesi verso gli USA è stato del 10%. Per cui se l’aumento è di soli 5 punti percentuali “l’accordo può essere ritenuto positivo per il settore”. Lo scrive Footwear News. (mv)
Foto Chanel
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