Ferragamo secondo Morning Star: troppa calzatura, poca pelletteria. Ma ottima brand reputation e buoni progetti

La domanda potrebbe essere questa: partiamo dalla buona o dalla cattiva notizia? Sotto i riflettori Salvatore Ferragamo, griffe nobile dell’eleganza italiana che vive un periodo che il suo management definisce “ancora di transizione”, ha da poco chiuso i rapporti con il ceo Eraldo Poletto (nominato nell’estate 2016) e ha chiuso il 2017 con un fatturato in arretramento del 3,1%. L’analista finanziario Morning Star, per valutare l’appeal del titolo, ha messo nero su bianco vizi e virtù del brand. Partiamo dalle cattive notizie o, se si vuole, dalle debolezze di Ferragamo. Tre, in particolare: l’eccessiva esposizione nel segmento calzaturiero (che vale il 42% dei ricavi), “la presenza marginale nel mercato della pelletteria con una quota di mercato compresa tra l’1 e il 2% e il peso crescente e problematico degli outlet con tassi di sconto superiori alla media”. In sintesi: “Ferragamo, su questi fronti, deve compensare il ritardo nei confronti degli altri leader di settore”. I pregi? Secondo Morning Star sono la forza del brand, il controllo distributivo e il posizionamento nel canale del travel shopping. Ma anche i progetti, che sono ritenuti “apprezzabili”, in un’ottica previsionale, nell’ordine delle “iniziative per attrarre i giovani consumatori, migliorare l’efficienza dei fornitori, aumentare la flessibilità e ridurre i costi”.

 

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