Gucci paga il caso black face e frena sul mercato nordamericano

I social danno, i social tolgono, soprattutto quando i tuoi primi clienti sono i Millennials che amano lo streetwear. Il caso “black face”, il controverso maglione lanciato e poi ritirato da Gucci, ha causato alla griffe il rallentamento nel primo trimestre 2019 delle vendite (il primo dal 2016) sul mercato nordamericano. A individuare così nettamente il rapporto causa-effetto è The Wall Street Journal. Spartiacque è il mese di marzo, quando Gucci perde, secondo le rilevazioni Tribe Dynamics, la vetta della classifica dell’engagement social delle case di lusso. Se la canzone Gucci Gang del rapper americano Lil Pump era nel 2017 un riconoscimento al boom del brand in Nord America, il rapper T.I. che due anni dopo pubblica un post infuriato contro il brand incarna invece la delusione dello stesso pubblico.

I problemi
Nel periodo gennaio-marzo 2019, riporta WSJ, Gucci ha perso il 2% del suo giro d’affari nordamericano. Non un crollo, ma abbastanza (per un mercato che vale un quinto del fatturato) per far scattare l’allarme. I vertici di Kering riconducono i problemi al rallentamento dei flussi turistici verso gli States e, di converso, all’aumento dei nordamericani partiti per fare shopping all’estero. Ma, forse, c’è qualcosa di più. “Per quanto innovativo – è il commento di Nicole Fischelis, ex direttore creativo di Saks Fifth Avenue e Macy’s e ora consulente –, lo stile di Alessandro Michele sta diventando un po’ stagnante”.

La risposta
Sollecitati da WSJ, da Kering rispondono che Gucci risulta ancora vincente nelle rilevazioni List e il più ricercato su the RealReal, quindi tanta disaffezione non si vede. Intano, al termine del primo semestre 2019 la griffe ha già recuperato lo svantaggio riportando il +1,1%. Certo, il +57,4% del primo semestre 2018 è lontanissimo, ma forse è un fenomeno più complesso del solo caso black face.

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×