Le emozioni dei Millennials e la Generazione C: il ceo Gucci la dice tutta dal palco del Next Design Perspectives

In un’epoca di trasformazioni generazionali, Gucci quale classe ha nel mirino? “La generazione C: i cinesi – scherza Marco Bizzarri, ceo e presidente della griffe del gruppo Kering –. Il mercato della Repubblica Popolare per il lusso rimane importante”. In un colpo solo il manager, intervenuto oggi sul palco di Next Design Perspectives, risponde a due domande: la prima riguarda le condizioni di Pechino, piazza al centro di un frangente di mercato di difficile interpretazione per i brand di alta gamma, alla quale La Conceria dedica la storia di copertina del n.35 (da domani in distribuzione). La seconda parla della relazione delle griffe con i nuovi pubblici: “Siamo attenti a tutte le novità – ha aggiunto Bizzarri dal palco dell’evento ideato da Altagamma e sostenuto, tra gli altri, da Lineapelle – come India e Brasile”. C’è un nuovo pubblico che preme alle porte dell’industria del lusso: un nuovo che è anagrafico, i Millennials e gli ancora più giovani della Generazione Z, ma anche geografico e culturale. È uno dei pilastri di crescita del settore individuati dalla ricerca di trend forecasting di WSGN: “Sta emergendo un nuovo consumatore – i contenuti emersi – un soggetto multirazziale e o multietnico in grado di spostarsi senza soluzione di continuità tra più culture”. Ma in che modo un brand si rivolge (e insegue) il proprio pubblico? Risponde alla domanda ancora Bizzarri. Confermando che Gucci conta di chiudere il 2018 a circa 8 miliardi di fatturato e mette nel mirino quota 10, il ceo spiega come il management del brand nei suoi anni di boom non ha mai “pensato prima a cosa volesse il cliente, tanto meno i Millennials: abbiamo pensato a che cosa volevamo fare noi”. Il cambio di passo ha previsto anche un cambio di paradigma: “Abbiamo anteposto l’emozionalità alla razionalità – sono le sue parole –, lavorato sullo storytelling, così da instaurare un rapporto autentico con il nostro pubblico. Parlare di qualità e di artigianalità non basta, perché è razionale. Per i giovani il prodotto non è abbastanza, vogliono condividere emozioni, le stesse emozioni della griffe: però da parte delle griffe c’è bisogno di essere autentici, ti sarà rimproverato ogni errore”. (rp)

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