Lusso: il consumo parla cinese

Più dei due terzi degli acquisti cinesi del 2013 non è stato effettuato in Cina, ma attraverso lo shopping diretto e indiretto all’estero. La causa? L’elevata tassazione all’import applicata da Pechino sui beni d’alta gamma. Risultato: il 29% degli acquisti di lusso nel mondo è cinese. Lo ha appurato l’ultima ricerca di Bain & Co (“China Luxury Market Study”): “Nel 2013 l’apertura dei negozi del lusso in Cina è calata significativamente e il mercato cinese crescerà solo del 2% a fronte del 7% del 2012”. Nella ricerca si sottolinea come molti intervistati abbiano dichiarato di aver spesso incaricato amici e colleghi di acquistare durante i loro viaggi specifici accessori di lusso, dei quali conoscono il prezzo esatto grazie alla possibilità di verificarlo on-line.  A New York e Londra, Tiffany e alcuni altri retailer di fascia alta hanno assunto commessi che parlano il mandarino: “Possedere una strategia per lo shopping dei cinesi fa la differenza, il loro turismo verso il Regno Unito è cresciuto del 132% nei primi sei mesi dell’anno”, dice Jeremy Gordon, direttore dell’agenzia di promozione China Business Service di Londra. E in vista del nuovo anno lunare cinese (31 gennaio 2014) Harrods e Barney hanno annunciato specifiche promozioni, Tiffany ha creato un anello di fidanzamento “china style”, Chanel offre corsi di trucco in cinese e Fendi è entrata sui social media cinesi. Prada e Dior, invece, hanno realizzato e trasmesso video promozionali in lingua cinese. (pt)

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