Il lusso non è moda e certi brand dovrebbero farse una ragione. Lo fa capire Diego Della Valle, patron del gruppo Tod’s (in foto Imagoeconomica), in una intervista al South China Morning Post. Secondo l’imprenditore, se un marchio fa affidamento sul fashion si espone di più alle oscillazioni del mercato: è il tipo di brand che tende a produrre molto più del dovuto, tradendo il principio di scarsità proprio del lusso. Per questo, suggerisce Della Valle, alcuni di loro farebbero bene a dimezzare la produzione.
Il consiglio a certi brand
“I marchi molto forti nella moda e nella creatività tendono ad avere molti alti e bassi, perché (dipendono troppo) da un determinato consumatore”. Diego Della Valle porta l’esempio dei consumatori molto giovani, che possono portare alla rapida ascesa del fatturato ma anche ad un brusco declino. “Noi procediamo più lentamente: quando sei conosciuto per la qualità, ciò non svanisce rapidamente” afferma l’imprenditore marchigiano. Che suggerisce ai marchi di adeguare la loro produzione alle effettive richieste del mercato così da non accumulare invenduto che va poi smaltito con sconti e saldi.
Caporalato
All’estero, ma anche in Italia, Della Valle viene percepito come uno strenuo difensore del made in Italy. E sulle inchieste milanesi relative al caporalato afferma: “Bisogna stare attenti a non demonizzare un marchio solo perché è famoso. Ma allo stesso tempo quando un marchio è importante e ha una reputazione forte, non vale la pena cercare piccole scorciatoie che dal punto di vista finanziario non aiutano molto, ma dal punto di vista dell’immagine possono essere disastrose. Bisogna stare attenti perché questo influisce sull’intero concetto di made in Italy’ e sulla sua reputazione”.
La Trade War e appuntamenti mancati
Inevitabile un intervento in materia di dazi. “Con tutti i problemi che ci sono in questo momento, aggiungere così tanta confusione non aiuta ed è superfluo – sostiene Della Valle –. Imporre dazi ad aziende come Tod’s è inutile perché non è che inizieranno a produrre scarpe o articoli in pelle negli Stati Uniti da un giorno all’altro. Se pensiamo alla tecnologia pensiamo alla Silicon Valley, ma quando pensiamo al lusso di qualità pensiamo all’Italia: ognuno ha le sue specialità”. E allora perché non si è formato mai (domanda fatidica) un polo italiano del lusso? “È diventata quasi una questione accademica. Il problema è che molte aziende italiane – risponde Della Valle – sono ancora di proprietà dei fondatori, che spesso sono gli stessi stilisti, come Armani. In Francia i gruppi si sono sempre concentrati anche sulla finanza e sul marketing, quindi erano business meno personali. Vendere un marchio italiano, che è un’azienda familiare, è più complicato proprio perché c’è un coinvolgimento personale, che è un aspetto romantico”. (mv)
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