Se il lusso cresce anche in tempi difficili è grazie ad HENRY, assicura Deloitte. Italia leader, ma soffre di nanismo

Il lusso è in salute e ha un futuro roseo grazie all’Asia. L’Italia è il paese della moda, ma le sue maggiori aziende sono piccole e incontrano difficoltà a crescere, così come i settori calzature e borse, la cui espansione è inferiore agli altri comparti. Sono alcuni verdetti della sesta edizione del Global powers of luxury goods, lo studio annuale di Deloitte presentato a Londra. “Per il terzo anno consecutivo, il mercato del lusso continua a crescere, nonostante le sfide poste dall’economia globale. Si prevede che la domanda di beni di lusso sarà positiva anche in futuro” ha detto Patrizia Arienti, Deloitte Emea fashion & luxury leader. A sostenere i consumi del lusso sono gli acquisti di quei consumatori della fascia media che hanno aumentato il proprio reddito, ma non possono ancora essere definiti ricchi. Sono i cosiddetti “HENRY”, e cioè gli “High Earners Not Rich Yet” le persone che guadagnano bene ma non sono ancora ricche, soprattutto asiatiche.
La top 10
Le 100 più grandi società di lusso al mondo hanno registrato un fatturato di 247 miliardi di dollari durante l’esercizio 2017 (che comprende gli esercizi chiusi fino al 30 giugno 2018) con un aumento del 10,8% a cambi costanti rispetto al +1% dell’anno scorso. Se si sommano le aziende della top ten, il loro fatturato complessivo rappresenta quasi la metà del totale (48,2%) con un aumento dell’1%. I primi sei gruppi sono: LVMH, The Estée Lauder, Richemont, Kering, Luxottica e CHANEL (per la prima volta in classifica). A livello settoriale la cosmetica registra la crescita più alta (16,1%), poi gioielleria e orologi (9,7%), abbigliamento e calzature (3,2%) e borse e accessori (1,5%).
Il ruolo dell’Italia
Le aziende italiane presenti tra le prime 100 sono 24 (due terzi appartengono ad abbigliamento e calzature), generano il 14% dei ricavi totali globali ma con una crescita di appena +2,2% rispetto al precedente report. Soffrono di nanismo rispetto ai giganti francesi che, invece, hanno fatto registrare la migliore crescita nelle vendite: +18,7%. Le migliori sono: Luxottica (5° posto), Prada (21°) e Giorgio Armani (26°), Moncler è la più performante (+20,9% di margine di profitto netto), mentre Furla ha registrato il tasso di vendita più alto (+18,7%). I primi tre player, cioè Luxottica, Prada e Giorgio Armani, rappresentano quasi la metà di tutte le vendite del lusso generate dall’Italia. New entry per Giuseppe Zanotti, al 96esimo posto. “Le imprese italiane difendono la loro leadership, ma per vincere la sfida dovranno saper coniugare modelli di business innovativi con tradizione ed esclusività del prodotto” spiega Arienti. (mv)

In foto, una tabella allegata allo studio Deloitte

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×