Credito d’imposta e non solo: la moda chiede stabilità al governo

Credito d’imposta e non solo: la moda chiede stabilità al governo

Di tutto, di più. Obiettivo: dare stabilità al settore italiano della moda. Vanno in questa direzione, come si legge di MF Fashion le proposte – 13 in tutto – recapitate da CNMI (Camera Nazionale della Moda Italiana) al governo. Idem dicasi per quanto contenuto nel Piano Industriale per rilanciare il Made in Italy, redatto da Confindustria Accessori Moda e Confindustria Moda, che a breve sarà presentato.

La moda chiede stabilità al governo

CNMI, dunque, è la prima sigla che lancia un appello molto circonstanziato al governo italiano. “Il settore moda in questo momento – scrive il presidente Carlo Capasa in una nota – ha bisogno di stabilità, visione e strumenti che premino chi innova e produce valore nel nostro Paese”. Per tutta risposta, ieri sera, il Senato ha approvato il DDL Concorrenza, che però non contiene norme riguardanti il settore moda. Né quelle attese per contrastare l’ultra fast fashion né quelle per garantire la legalità della filiera italiana. Sembra che, come scrive Pambianco, questa mancanza sia dovuta a questioni tecniche. Al momento non si sa se il governo avrà intenzione e la possibilità di superare tali questioni.

 

 

Credito d’imposta e non solo

L’elenco delle proposte di CNMI è lungo e contiene tematiche già più volte menzionate. Per esempio: la proroga e il potenziamento del credito d’imposta per le attività di design e ideazione stilistica. Poi: il rifinanziamento per la digitalizzazione 4.0 riallocando le risorse non utilizzate per la transizione 5.0. Si parla anche di formazione con incentivi per il trasferimento delle competenze artigianali e il rafforzamento delle academy aziendali.

13 proposte

CNMI chiede interventi a sostegno dell’internazionalizzazione e della comunicazione “dei valori e dell’immagine della moda”. Ma anche strumenti di contrasto “all’espansione dell’ultra fast fashion”. C’è il riferimento a un credito d’imposta per i rincari energetici nel primo semestre 2026 e una particolare attenzione a temi di welfare e lavoro. Si chiedono, in sostanza, “misure strutturali” e non “interventi frammentari”.

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