Buona la prima per Jonathan Anderson da Dior. Il creativo nordirlandese ha appena presentato la sua prima collezione maschile per il marchio francese. Il suo era il debutto più atteso della settimana della moda fin dalla sua nomina, da quando LVMH ha deciso di affidargli tutte le divisioni del marchio, compresa la haute couture. Qualche primo segnale del suo lavoro era arrivato dagli indizi pubblicati su Instagram. Oggi la collezione, anticipata da uno short film ambientato tra un giardino bucolico, una villa e Parigi. In passerella una collezione che abbandona lo streetwear e abbraccia un’eleganza nostalgica e narrativa. Tra gilet rosa, citazioni letterarie, jeans oversize e richiami all’infanzia, la moda diventa racconto personale.
La prima di Anderson da Dior
Nella sua prima sfilata per Dior, il creativo dice addio alle tentazioni street di Kim Jones per tracciare una rotta nuova, profondamente personale. Il suo Dior è un viaggio fatto di ricordi d’infanzia, arte che sgretola le cornici e pastelli che colorano maglioni a costine. Un’estetica più intima, a tratti naïve, che trova casa in una reggia sognante, in un giardino bucolico e in una Parigi insolita. La collezione è un collage raffinato e poetico. I gilet rosa e verdi, portati sopra maglioni decorati da motivi floreali rilassati, aprono il defilé come un “primo giorno di scuola” evocato con nostalgia. Le giacche e le mantelle destrutturate convivono con jeans oversize, resi ancora più massicci da patte sovrapposte che amplificano le proporzioni. I nodi morbidi al collo, quasi papillon arrotolati, riportano alla mente le divise o le uniformi scolastiche di un’infanzia lontana, mentre mocassini bicolor e scarpe aperte ispirate ai modelli da bambino sottolineano la capacità di Anderson di giocare con immaginari diversi.
Un nuovo capitolo
Lo storytelling prende forma soprattutto negli accessori: borse in camoscio dal sapore vintage, sneaker sovra-decorate e dettagli logo appena accennati. La Book Tote gialla con la scritta “Dracula by Bram Stoker” non è solo un omaggio alle radici irlandesi dello stilista, ma anche un manifesto: la moda come narrativa stratificata, come racconto da indossare. Anderson riesce a ricreare un mondo “senza tempo”, che in passerella si traduce in una sartorialità più morbida e un’eleganza che non ha bisogno di urlare. L’immaginario di riferimento del creativo, però, rimane lo stesso. La natura e i suoi infiniti abitanti, l’arte e le sue molteplici sfaccettature. Riletti grazie alla capacità di Anderson di costruire storie attraverso gli abiti. Di legare – a doppio filo – i vestiti e gli immaginari che rappresentano. A bassa voce, nel groviglio delle emozioni. (dc)
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