Se il premium tedesco piange, gli italiani ridono: Hugo Boss cala del 4%, mentre Aeffe e Cucinelli crescono. Ma il 2017 è roseo per tutti

Non è una sorpresa. Anzi, proprio perché era previsto Hugo Boss, ancor prima della chiusura dell’anno, ha annunciato il piano di ristrutturazione che gli permetterà (o almeno così spera il management) di riprendere presto a crescere. Fatto sta che nel 2016 il fatturato del brand tedesco arretra a 2,69 miliardi di euro, in calo del 4%. Se vi sembra negativo il giro d’affari, lo è ancora di più l’utile netto, precipitato del 39% su base annua (193,6 milioni). Hugo Boss, dicevamo, conta di ripartire già nel 2017 grazie a un programma che prevede il taglio dei costi e la ristrutturazione del retail, insieme a un riposizionamento verso il premium e alla semplificazione dei marchi. Prevede un 2017 positivo anche Brunello Cucinelli, il cui board, però, ha approvato anche un bilancio 2016 di segno più. La griffe dello stilista-filosofo registra un turn over a 456 milioni (+10,1%), trainato dalla buona performance dell’Italia (vale il 16,7% del fatturato ed è cresciuta del 7,3%). Per Cucinelli mentre l’ebitda segna il +13,2%, l’utile netto cresce il +18,8%. Lusinghieri i numeri anche per il gruppo Aeffe, che chiude il 2016 con il fatturato (280,7 milioni) in espansione del 4,4% e gli utili in vero e proprio boom (3,6 milioni, +139%). Tra i brand controllati, va bene Moschino (197,7 milioni, +6,1%), mentre si segnala l’ottima performance di Philosophy (13 milioni, +25%).

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