Bangladesh, indietro tutta: il trasloco a Savar, per ora, non s’ha da fare. Intanto a Chittagong invocano la riapertura di 2 concerie

Riassumere il caso che ha portato a quanto stiamo per dire è pressoché inutile, tanto la fine (pur temporanea) era annunciata. Il Governo del Bangladesh è intervenuto nella ultradecennale questione del trasloco delle concerie inquinanti di Hazaribagh (zona ritenuta compromessa quasi al pari di Chernobyl) nell’industrial park di Savar. In che modo? Permettendo (dopo ultimatum, arresti, blocchi della materia prima e multe) alle concerie di continuare a produrre in loco perché l’impianto di trattamento acque di Savar non è ancora pronto, stato nel quale versa da alcuni mesi. Fonti locali sostengono che il permesso durerà “almeno fino al 31 dicembre”. Nel frattempo, i rappresentanti dei lavoratori conciari hanno dichiarato di “non essere soddisfatti del livello di sicurezza della nuova area di Savar, chiedendo al Governo di migliorarne la qualità. Rivendicazioni paradossali: Savar non è abbastanza sicura, preferiamo lavorare dove l’inquinamento è fuori controllo da anni. Nel frattempo, nella metropoli di Chittagong, la locale Rawhide Wholesalers Cooperative Society ha chiesto pubblicamente al premier Sheikh Hasina di consentire la riapertura di Madina Tannery e Riff Leather, concerie che erano state obbligate alla chiusura perché troppo inquinanti. Peccato che Madina non ha ancora terminato di installare l’impianti di depurazione richiesto dalle autorità, mentre Riff Leather non ha ancora trovato i fondi per progettarlo.

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