“Se ci tagliate le utenze, licenziamo in massa”. In Bangladesh, i conciatori di Hazaribagh ricattano l’Alta Corte

Se il Dipartimento per l’Ambiente dà seguito alla disposizione dell’Alta Corte di Giustizia del Bangladesh, che ha chiesto di sospendere le forniture di gas, energia elettrica e acqua alle concerie di Hazaribagh perché finalmente trasferiscano le attività a Savar, gli imprenditori della pelle licenzieranno gli operai. Lo scrivono i media locali riportando gli esiti di un incontro del 13 marzo di BTA, l’associazione nazionale della concia. Quella che è presentata come una contromisura fisiologica (“Non abbiamo alternative”) ha tutto il sapore di una minaccia: mentre i sindacati chiedono proprio “che non siano i lavoratori a pagare lo scontro tra associazione datoriale e autorità”, i conciatori vogliono far ricadere sulla pubblica amministrazione la responsabilità politica di un’eventuale ondata di licenziamenti. La riforma dell’industria conciaria bengalese rimane bloccata dai veti incrociati dei diretti interessati. Il distretto di Hazaribagh, sul cui impatto ambientale si sono versati fiumi di inchiostro, rimane ancora al suo posto. Ma d’altronde quello di Savar, che dovrebbe rappresentare l’adeguamento agli standard internazionali, dopo anni è ancora un punto interrogativo: vi operano alcune concerie, ma manca il depuratore.

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