I conti li fa la Pakistan Tanners Association (PTA): nel quinquennio intercorso tra l’anno fiscale 2011-2012 e quello appena concluso (il 2015-2016) l’export di pelli finite di Islamabad è passato da circa 25 milioni di metri quadri annui agli attuali 16,8, con una decrescita del giro d’affari passato dagli 1,049 miliardi di dollari di 5 anni fa agli odierni 0,981. È un trend negativo che si rinnova di trimestre in trimestre e che da almeno due anni vede seguirsi unicamente dati di segno meno, con parallelo calo del fatturato estero anche del prodotto finito in pelle (a eccezione delle calzature). Non è un caso, allora, che arrivi proprio dal Pakistan una proposta che più che un appello alla cooperazione sembra un invito a fare cartello. Shahid Rasheed Butt, direttore della Chamber of Little Traders di Islamabad, ha suggerito che i Paesi che partecipano all’associazione per la Cooperazione dell’Asia Meridionale (SAARC, che comprende Afghanistan, Sri Lanka, Maldive, Bangladesh, Bhutan, India e Nepal) non dovrebbero farsi concorrenza nell’industria della pelle, bensì collaborare. Ricchi come sono di materia prima, tutti insieme, sostiene Butt, rappresenterebbero un hub mondiale della concia da 1 trilione di dollari l’anno. Il Pakistan ne ha bisogno. Vediamo se gli altri abboccano. (rp)
Esportazioni dell’area pelle pakistana (scarpa esclusa) giù da 5 anni: i piccoli trader propongono ai vicini di fare cartello
