Germania e Austria: vendere scarpe non è più come una volta (e non lo sarà più, probabilmente)

La fine è nota, come recitava il titolo di un romanzo giallo di Geoffrey Holiday Hall (1949) portato sul grande schermo nel 1992 da Cristina Comencini. La vittima è il retail tradizionale, quello dei multimarca generalisti in particolare calzaturieri, la cui crisi, da tempo, una novità. Quel che sorprende è il livello delle difficoltà, rivelate da due ricerche, delle insegne che vendono scarpe in Austria e Germania. I primi non vedono futuro, i secondi non riescono a trarre beneficio nemmeno dal modello del monento: la sneaker. Secondo una ricerca condotta da RegioData Research GmbH, in Austria si spendono ogni anno 1,5 miliardi di euro per gli acquisti di calzature, 1,2 miliardi di euro dei quali fatturato in negozi multimarca. Si tratta di una quota calante, erosa in modo costante e crescente dai canali online, che valgononil 21% del totale. Da notare che a Vienna e dintorni le insegne sono per lo più estere, come la tedesche Deichmann, che copre più del 25% del mercato, e ANWR, oppure l’emergente polacco CCC. In Germania, invece, il negozio tradizionale di scarpe è in pericolo perchè non riesce a trarre beneficio dai consumi di sneaker. Secondo un focus firmato IFH  Colonia e Bbbe Handelsberatung il mercato delle calzature tedesco è cresciuto dello 0,9% nel 2015 (per un valore di 9,6 miliardi di euro), ma la positività del risultato è stata determinata soprattutto dal canale online. Dicono da IFH: “I giovani acquistano sneaker online o dai rivenditori specializzati e non entrano più nei negozi tradizionali che rischiano di perdere questa clientela oggi e in futuro”. Probabilmente hanno ragione. (mv)

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