C’è delusione nella nota congiunta di Confindustria Accessori Moda (CAM), Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), Altagamma e Confindustria Moda (CM). Lo stralcio dello scudo anti-Caporalato dalla legge per le PMI rimanda l’appuntamento con una norma che, tramite le certificazioni di filiera, delimiti le responsabilità lungo le supply chain. “Pur comprendendo perché il MIMIT abbia ritenuto necessario un ulteriore approfondimento – recita il testo – resta l’urgenza di dotarsi in tempi brevi di una legge nazionale che tuteli i lavoratori, sostenga le imprese, rafforzi la credibilità del Made in Italy e contrasti I fenomeni di illegalità”. CNA Federmoda e Confartigianato Moda, intanto, auspicano che le ulteriori riflessioni aiutino a definire meglio, dalla loro prospettiva, il testo.
Dopo lo stralcio dello scudo anti-Caporalato
C’è un punto che la nota di CAM, CNMI, Altagamma e CM mette in chiaro. “La proposta di legge” che hanno aiutato a elaborare “insieme alle principali rappresentanze del settore”, “non contiene scudi penali”. Al contrario “resta un punto di riferimento per introdurre una chiara disciplina che contenga anche un contraddittorio”, mentre “promuove trasparenza, responsabilità e fiducia lungo tutta la filiera produttiva – si legge nella nota –, assicurando al contempo la certezza della pena per coloro che concretamente pongono in essere comportamenti illegali”. A proposito di fiducia lungo la filiera, Doran Marini, presidente nazionale di CNA Federmoda, condivide invece lo stralcio. Perché vuole che il faro della disciplina siano “la giustizia contrattuale, la definizione chiara dei prezzi e la distribuzione equa del valore aggiunto”.
La prospettiva di CNA e Confartigianato
Per Marini, insomma, “bisogna evitare che ulteriori adempimenti diventino un peso per le piccole imprese: devono essere garantiti trasparenza reale, non duplicazione degli audit esistenti e l’applicazione di criteri proporzionati alle dimensioni aziendali”. Dalle pagine del Sole 24 Ore rimbalza la posizione di Moreno Vignolini, che rivendica la necessità di “tenere in primo piano anche la reputazione e la credibilità del Made in Italy stesso” e la priorità di “qualificare le aziende sane di questa filiera”, coinvolgendo “tutti gli attori della filiera”.
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